PC
3330
C37
S38
1901
e. 1
ROBARTS
■•■:;' ■'■' Bj :'
'i í Í i ■ ' ' '
mÊÊÊÊÊÊÊÊm
Ibi'
mBMHìIuIIIIIIHWbIIIIÌMUi
'" '" :'ii.' •
PRESENTED TO
THE LIBRARY
BY
PROFESSOR MILTON A. BUCHANAN
OF THE
DEPARTMENT OF ITALIAN AND SPANISH
1906-1946
Digitized by the Internet Archive
in 2011 with funding from
University of Toronto
http://www.archive.org/details/lanovellaprovenzOOsavi
,A NOVELLA PROVENZALE DEL PAPPAGALLO
(ARNAUT DE CAROASSES)
MEMORIA
LETTA ALLA R. ACCADEMIA DI ARCHEOLOGIA, LETTERE E BELLE ARTI
NELLA TORNATA DEL 19 MARZO 1901
DAL PROFESSORE
PAOLO SAVJ-LOPEZ
NAPOLI
STAB. TIPOGRAFICO DELLA R. UNIVERSITÀ
A. TESSITORE E FIGLIO
1901
V _
/
LA NOVELLA PROVENZALE DEL PAPPAGALLO
(ARNAUT DE CARCASSES)
MEMORIA
LETTA ALIA R. ACCADEMIA DI ARCHEOLOGIA, LETTERE E BEI [E ARTI
NELLA TORNATA DEL 19 MARZO 1901
DAL PROFESSORE
PAOLO SAVJ-LOPEZ
486054
NAPOLI
STAB. TIPOGRAFICO DELLA R. UNIVERSITÀ
A. TESSITORE E «CI IO
!f)OI
(Estratto dagli Atti dell'Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Voi. XXI)
* «Mfc****************** **************** t*****************
*4444444444444444444444444**4444444444444444444***44494
La novella provenzale del pappagallo messaggiero d'amore
è nota in due redazioni profondamente diverse: l'una del cànzo
niere parigino R [fr. £2543, e. 143], pubblicata prima, in parte,
dal Raynouard , poi ripetutamente dal Bartsch 1); l'altra del fio
rentino J [Bibl. Naz., F. 4,776, e. 11 r.| fatta conoscere da E.
Stengel nella notizia ch'egli diede, molti anni or sono, di quel
canzoniere 2), del quale io medesimo darò prossimamente 1' edi-
zione completa 3). Frammenti della novella si leggono altrove:
i primi centoventicinque versi nell'ambrosiano G |R 71 snp., e.
1^7 v. | ; una cinquantina di versi - non è possibile precisar me-
glio, perchè i versi scritti di seguito come prosa, situo qua e là
arruffati da non potersi distinguere - nel ms. riccardiano 2756,
all'ultimo foglio; tutta la fine, a cominciare dal verso Eu amanz
iur '• promet a vos, nell1 Estense I> [e. 216 r.l -1). Di questi, il
L) Raynouard, Choix, II, 275 sgg. Questa stampa frammentaria riprodusse il
Galvani. — Bartsch, LeseLuch, 25 sgg. ; Chrest, V ed., 259 sgg.
2 Rivista di filologia romanza, I, 36
'.'>) Negli Studj di filologia romanza.
I) È il n. 779 nell'indice del Mossafia, Del codia esteme di rum- provenza-
li, Vienna, 1767, •■ vien dopo il retoro 'li Pietro 'li Corbiac. Il Sachs (Le Trétor
di Pierre de Corbiac, Brandebourg 1859, 2 edition augmentée) parlando di que-
- 4 -
solo frammento riccardiano ha visto la luce per opera del Wesse
l«iivki li, ed è il meno importante per la brevità sua e per la
scorrezione del testo ; ma quella pubblicazione suggerì ad un al
ii-,. erudito 'li raccogliere le varianti de' frammenti Q e i>, col
proposito ili mettere innanzi il materiale completo per un testo
critico, ohe nessuno fin oggi ha dato a' nostri studi 2). Contem
poraneamente il Bartsch tentava un primo disegno 'li classifica
zione schematica dei manoscritti 3). Ma ai frammenti finora in-
dicati posso aggiungere un altro del medesimo codice ambrosiano
gii citato, corrispondente per estensione al modenese : frammento
che la seguito all'epistola 'li Arnaui '!<• Marueilh Domna genser
qit' eu no sai dir | e. 120 r. | e che sebbene edito da lunghi anni
.■ sfuggito a quanti s'occuparono della novella 4).
Riprendendo in esame il materiale che mi auguro, questa voi
ta, completo per davvero, mi propongo di tentare una ricostru
/ione critica del lesto. Ma prima 'li giungervi, è necessario ri
solvere una questione che altri ha già dibattuta, e dibattuta in-
vano: se cioè il testo più ampio (li li, dov' è anche il nome del-
l' autore Arnaut de Carcasses, sia l'originario come pretendeva il
sto poema nell'Estense .lice che « il est suivi .... par une chanson adi-essée à la
Saint.- Vierge, dont Millol parie, et qui est mèlée a d'autres chansons du ìnême au-
leur dana le Ms. du Vatican :îl?04 selon l'autorità de Grescimbeni et de Basterò ».
Ora la pretesa canzone alla Vergine che segue in I) il Thesaurum, è invece il no-
stro frammento. Si tratta semplicemente di un errore dal Sachs ; né il Millot (Hist.
liti, des Trotifj., Tome III, Paris 1774, pag. 233 ) né il Grkscimbeni ( Le vile dei
;)('(< celebri poeti prov., Roma, L722, pag. 2131 né il Basterò (La Crusca prov.f
voi. I, Roma 1724, pag. 91) parlando di quella canzone sacra la fanno seguire al
Thesaurum in D. Bensì il Galvani (Ossero, sulla poesia dei Proo., Modena 1829
pag. 321 , scrive che nell'Estense è- questo poema « insieme con una canzone alla
Vergine dello stesso poeta », la quale infatti vi si trova.
1) Romania, VII, 327 sgg.
2) Max von Napolski, nella Zeitschrift /'tir rom. Phil., II, 498-99.
3) Ibid., p. 499 sgg.
4) Archiv /'ûr das Studium der neueren Sprachen u. Lit., hg. von L. Herrig, 35
Band, 1864, p. 105.
Bartsch 1), o se non sia invoco tale il più semplice racconto 'li J,
secondo ha sostenuto lo Stengel 2), dove quel ninne uon appare.
E nemmeno il contenuto della novella è stato fin oggi, per quanto
iu sappia, l'oggetto ili una speciale indagine: tanto che nell'antico
breve giudizio del Bartsch, del quale ci occuperemo in seguito •'!),
conveniva senz'altro anche il più recente storico della letteratura
provenzale 4). Tua tale indagine potrebbe spianar la via a risol
vere il problema della doppia redazione; ecco perchè innanzi di
venire alla ricostruzione del testo, dovrò indugiarmi ili proposito
Bull' origine e sul contenuto della novella. E voglio render qui
le maggiori grazie al mio illustre dirett »re n>'l Seminario ili Fi-
lologia Romanza all' Università 'li Strasburgo, Gustavo Gròber, il
quale per il mio lavoro mi è stato largo ili suggerimenti e 'li con-
sigli preziosi.
Le due redazioni sono concordi nel contenuto, salvo le mi-
nori varianti, fino al v. 124 ili .1 cui corrisponde il v. 129 ili R.
11 poeta finge d' aver udito un pappagallo contendere, nel modo
che dirà, in un verziere chiuso, all'ombra 'li un lauro. Venuto in-
nanzi ad una donna, la saluta e s'annunzia messaggiero del mi
glior cavaliere che mai l'ossi', Antifanor, il figlio del re, che già
per lei ha bandito un torneo. Egli la manda a prosar d' amoro,
che non può vivere senza ili lei. La donna si mostra offesa - ella
che mai non ha concesso amore ad alcuno !- e si maraviglia che
un -i cortese uccello osi parlarle in tal modo; ma intanto lo
vede così amabile che gli consente 'li continuare! Ed il pap-
pagallo, rispondendo, si maraviglia a sua volta ch'ella non voglia
amare.- lo amo mio marito — soggiunge la donna. - Ma non è
punto ragione che il marito sia padrone 'li tutto - ribatte l'altro,
e la Jonna comincia a trovare che s'ei l'osse cavaliere, bene sa
li /.. .. p. 500-501.
vi /.. i . i'. 36.
;!) Qrundrùi, p. 21.
i STIMMINO, in Qrundriu '/"■ rn,„. l'I, il, bg. von G. Gkò'ber, II li., 2 Al>t.,
1893, pag. 13.
- ti -
prebbe vincere i cuori femminili! tuttavia non si piega ancora a
tradire il marito cui ha promesso fede, <• quando il pappagallo
insinua che « la volontà segue il talento, - Appunto, ella risp in
de, io amo mio marito più d'ogni cosa al mondo. - E amatelo, come
; ma abbiate pur mercè 'li chi muore amandovi: non
vi sovviene 'li Biancofiore d'Isotta ili Tisbe Î — Il dio d'amore si
vendicherà 'li lei, ed egli Btesso andrà dicendone tutto il male che
potrà. A questo la donna è vinta dal parlar gentile, e si dichia
i,i presta ad amar fedelmente Antifanor, dal quale non vorrà mai
partirsi : in R consegna al pappagallo un anello da recargli in
dono con un cordone d'oro. Così si separano, ed il messaggiero
esce giocondo dal verziere per narrar l'impresa fortunata al pa-
drone. - Giammai - egli esclama - vivrà un tal pappagallo, che
tanto s'adopri per il suo signore ! -
A questo punto cominciano a discostarsi in rutto, l'ima dal-
l'altra, li- 'lui- redazioni. Secondo J, molto più semplice, il pappa-
gallo consiglia ad Antifanor di raggiunger la dama nel giardino; que-
gli va senz'altro, e la sua nuova amica lo fa sedere presso <li sé,
pei- dirgli '-Ih' l'eloquenza del pappagallo l'ha persuasa ad amarlo
ed a far il suo volere: soltanto gli chiede innanzi una promessa
,li fede. I." amante protesta il suo amore e si dichiara pronto
a tutti i giuramenti : ma '/\;\ la dama vedendolo «-osi cortese, s.-i
vio e prode, gli s'abbandona 'ses tot iurar', finché ricompare il
pappagallo ad annunziar, come l'amico delle albe, l'arrivo del ma-
rito. Allora gli amanti debbono separarsi, non senza die la dama
assicuri il cavaliere ili volerlo richiamare a se appena sarà pos-
sibile ; ma prima di partire Antifanor fa una lunghissima profes-
sione di ledi- amorosa, prestando anche quel giuramento sui quat-
tro evangeli, da cui era stato dispensato.
In R invece il pappagallo ila conto della sua missione, e pre-
senta ad Antifanor 1' anello della dama, con le assicurazioni del-
l'amore guadagnato. Ma come entrare nel giardino ? Bisognerà
distoglier l'attenzione de' servi appiccando il fuoco alla t >rre ed
al solaio, suggerisce l'avveduto messaggiero : allora sarà possibi-
le raggiungere la dama rimasta sola in giardino. Per voler del
signore, il pappagallo ritorna ancora a lei che trova, questa voi-
- T -
va , siittn un pino , ed in suo linguaggio la saluta , e le rinnova
l'invito all'amore; ella è ben presta, ma non sa come l'amante
possa vincer 1' ostacolo del giardino chiuso e delle guardie ve
glianti lino al mattino. Allora il pappagallo propone a lei la sua
trovata : egli condurrà Antifanor a pie del munì, e poi col fuoco
appiccherà 1' incendio,, cosi mentre tutti correranno a spegnerlo
ella farà entrare ramante nel giardino solitario. La 'lama accel
ta : il pappagallo corre da Antifanor, e lo trova che attende ar-
mato 'li tutte armi a cavallo ; si fa procurar da lui il fuoco gre-
co che si lega a' piedi in un piccolo recipiente ili metallo, e van-
no insieme tin presso la torre a cui vegliano le guardie. Qui la-
scia Antifanor cavallo ed armi, fuor che la spaila, e vien solo a
pie del muro, mentre il suo compagno vola ad avvertir la dama
nel verziere , che gli consegna le chiavi del castello , per darvi
l'incendio. Da quattro parti si levano le fiamme e tutti gridano al
fuoco ; intanto la porta vien aperta, e Antifanor si gode con l'ami-
ca il nuovo amore a pie d'un lauro: né uomo saprebbe contare il
diletto che fu tra di loro. Ma il fuoco non tarda a venire estin-
to, e allora il pappagallo, mezzo morto di terrore per la sorte del
padrone, corre a posarsi preSSO quel letto campestre, e fa levare
gli amanti. Col cuore smarrito, Antifanor prima di partire vuole
dalla dama, cavallerescamente, un comando amoroso, ed ella gli
ordina di essere in questa vita prode a tutto suo potere. Tre baci
.incora, e Antifanor si diparte da lei.
So dia n' Arnautz ilo Carcasses
que preex a faitz per inantas res
e poi' los maritz castiar
qui' volo lors molhers garar,
que-ls laissen a lui- pes anar,
que may valra
e ja degus mi y fattura.
|)i questa redazione scrisse prima il Raynouard 1), essendo
ignota ancora quella di .!, che « l'esprit brillane de la eh e valer ie
1} Choix, II, 275.
- 8 -
-rullili' Ha confondre avee !<• goûl anacréontique el tea flctions extra
ites ile l'Orienl », In seguito il Bartsch notò ohe « nach «leni
j»rieohÌ8ch klingenden Namen » 'li Antifanor si poteva credere il
poemetto derivato da una Inule greca; al che i1 accordavano la
menzio ìhe vi si fa del fuoco greco, e la parte stessa del pap-
pagallo li. Che tale fosse l'origine, ha ripetuto da ultimo anche
lo Stimming 2) ; e forse pensarono tutti alla colomba che \na
Creonte invia messaggiera a Batillo 3).
Ma più che affermazioni, questi sono sospetti; e chi volesse
dar loro una forma più precisa, Unirebbe col trovarsi impacciato.
La letteratura greca non ci 'là nessun racconto che noi possiamo
ravvicinare al nostro come sua fonte più o meno diretta; e cosi
cercheremmo inutilmente più lungi nell' oriente arabo o indiano.
(erto il pappagallo, che fu in India l'uccello sacro sul quale ca
valca il 'li" dell'amore, Kama o Kamadeva, detto perciò anche
Cukavaha, ha parte in molti racconti indiani : n >n è necessario
ricordare che in bocca ad un savio pappagallo son poste le no-
velle del Cukasaptati. Tuttavia, per quanto io sappia,, non si co-
nosce un pappagallo indiano che proprio si possa dir fratello del
messaggi ero d'Antifanor.
Anche questo nome, chi guardi bene, può indurre in errore:
che pur suonando grecamente, non è compreso nell1 onomastica
greca fra' molti nomi che gli somigliano. Accanto agli 'Avttçivijc,
'Avxfçxvoç, 'Avr.Tí?.i7, "Avxtçepïv, 'Avxícpavxoç ecc., il repertorio del Pape 4)
e quello più recenti' del Fick 5) non ci danno un 'Avxupávtop, seb-
1) Bartsch, Grundrus, 21.
2) Nel Grundriss del Grober, voi. cit., p. 1:5. A.U' ipotesi di fonti orientali ac-
cennò anche il Dounou, nell'i?/**, liti. XVI 203. Cfr. anche MauY Lafon, Histoi-
re liltéraire du midi de la Frane?, Paris, 1882, pag. 107.
3) L'ode di Anacreonte 'Epaoiiix KéXzix fu piti tardi spesso tradotta in Francia;
V. A. Delbouille, Anacre'on et les poèmes anacréontiques, traductions et imitations
des poètes dn XVI siede. Havre 1801. Contiene le versioni di Belleau, Ronsard,
Renvoisy.
4) W. Pape, Wòrterbuch der griechìschen Eigennamen, Braunschweig, 1850.
5) A. Fick, Die griechìschen Personennamen nach ihrer Bildung erklàrl ....
- i» -
bene non manchino, come tutti sanno, formazioni col suffisso -aviio:
Kocppavttp, 'AfadivìDp. Arabo il nome non è. Nulla escludi» che seb-
bene non registrato dai lessici, sia potuto essere veramente nome
gr i in origine: ma non va neppur dimenticato che di questi
nomi in — or è ricca pur la tradizione poetica del ciclo hrettone:
dove accantn al greco Calcedor del Cligés apparisce nel poema
• sso e in Erec e nel Ghevalier au Lyon un Sagremor che greco
mm è; inoltre abbondano i Brunor, Hestor, Escalibor, Escanor,
Canor, Cador, Felinor, Escaduor, ecc. e in testi provenzali Tor-
quator, Timor, <•>-,■. l). Stando cosi le cove, non è possibile dar
grande importanza ad un nome il quale poi, se anche fosse gre
co, non basterebbe a provar la grecità della novella.
Ed anche minore importanza ha un altro argomento addotto
dal Bartsch : l'accenno al fuoco greco. Il fuoc grezeis fu nel me-
dioevo francese e provenzale popolarissimo, e lo si trova ricor-
dato Hi frequente: l'appoggiarvi quell'ipotesi sull'origine del testo,
sarebhe come un voler credere che il Roman de Thèbes nel quale
spesso se ne fa menzione, sia derivato da l'onte greca o magari
tebana l)\
I'iii lungo discorso merita 1' ultimo argomento, la parte del
pappagallo messaggiero. indubbiamente il pappagallo come necci
lo mitico e leggendario è ili origine orientale 3) e dall'Oriente è
penetrato nella novellistica europea. 0 non afferma ser Brunetto
volgarizzato: « Dicono quelli d'India che non ha [pappagalli] se
non in India, e 'li sua natura salutano secondo il linguaggio 'li
'india terra »> t 1) È notevole però che nella novella dei Sette
Zweite A ii il. ige, bearbeitet von 7. Bechtel nnd A. Pick, Gòttingen, 1894 [la 1 ed.
h.i l.i d ita: Gótlingen, lsT 1 |.
1' Si vegga, per questi nomi Erdmannsdorfer, Reimwórterbuch der Trnuba-
dori, Berlin, 1891 he Studien, veròffentlicht von E. Ebering, ll.it II.
Le Roman de Thèbes, par I.. Constans, Paris, 1890. Cfr. p. e. v. ii:;s
nel ne. .li Spalding.
3) l'i: Gobbrkatis, Die Thien in der indogermanùchen Mythologie, bus dem
Englischen iìbersetzl »on M. Hartmann. Leipzig, 1874, pag. ."'Si
41 // libro 'ir//' bestie, volgar. da BONO Giamboni, Roma, 1891, pag, ">7.
- IO
mi oui un pappagallo rivela le oolpe d'una m iglie infedele, e
vien rimeritato dal marito con la morte, le redazioni occidentali
sostituiscano ooncordi al pappagallo una gazza.
Ma infine il pappagallo tradizionale, con le sue virtù ciarlie-
re, dovè ben presto dimenticare quella patria lontana, se già il
Medioevo francese è pieno della sua voce. A taluno pareva che
lo squittir del pappagallo suonasse come un saluto in lingua greca:
onde avvenne ohe a Carlo Magno errante pe' deserti ili Grecia
si facessero incontro pappagalli, i quali • quasi graeca lingua sa
lutaverint eum clamantes : - Imperator, vale ! - 1) » cavaliere del
pappagallo era chiamato il re Artii in un romanza in prosa, assai
tardivo, conservatoci da un solo manoscritto parigino di scrittu-
ra del secolo \v che ha riveduto anni or sono la luce per ope-
ra 'li F. Heuckenkamp 2), e deriva dalla stessa fonte perduta che
produsse ne' primi anni del secolo xin il poema in medioaltotede-
sco Wigalois 'li Wirnt von Grafenberg 3). Il pappagallo che rap-
presenta il lato comico del romanzo francese non si contenta (li
disputai- col nano suo custode, (piando all' appressarsi d'un peri-
colo questi fugge lasciandolo chiuso in gabbia: ma discute, ragio-
na . consiglia e canta al suo signore le più melodiose canzoni.
» ( "est un oisean qui paraìt avoir apporti' de sa patrie asiatiipìe
les qualités souvenl attribuées à ses congenères dans les contes
de l'Inde et de la P< rse » 4). Di un altro romanzo nel «piale il
pappagallo dovè avere gran parte, ha dato notizia il Paris pub-
1) Hist. li/t., XXV, 374. Dal Liber de natura rerum secundum dioersos philo-
sophos, di Thomas de CantinprÉ, composto, a quanto dimostra il Delisle (1. e. )
fra il 1228 e il 1244.
2) Le chevalier da Popegau nach der einzigen Pariser Handschrift , hg. von
F. Heuckenkamp; Halle a. S., 1896. La copertina invece ha la data 1897; 1' al-
tra data è nell'interno.
3) « Die Figur des Papageien war, wie W[igalois] zeigt, bereits der geinein-
samen Quelle von W'figalois] und P[apegau] eigen ; doch wird die gescliickte und
ausftirliche Yerwendung dieser Figur als ein Veidienst des Verfassers der Prosa an-
gesehen werden s>. [HeOCKENHAMP., op. cit., p. LV].
4) Hist. Hit., XXX, 105.
- 11 -
blicando l'elenco dei codici francesi dei Gonzaga 1»; ina i due ma
noscritti che lo contenevano sono perduti e dalle prime parole ri-
prodotte noi vecchio catalogo 2) il Paris potè soltanto argomen-
tare che si trattasse d'una parte ili qualche gran romanzo in pro-
sa piuttosl > ria' d'un racconto isolato. A giudicar dall' incipit e
à&ÌVexplicit, il testo era il medesimo; il primo manoscritto porta
il titolo ili Lìber militis a pappagallo, e comprendeva settanta carte;
il secondo, 'li sessanta carte, è intitolato più semplicemente Pop-
pagalhts.
In un lay d' Amors pubblicato 'lai Jubinal un altro pappa-
gallo « ili cuor gajo amoroso e baldo »
prioit amoreusemenl
Et (loucement
De sentement
Une mauvis par duu/. asaut,
parlandole lunghissimamente come il più loquace e galante ilei tro
vatori 3), ma diverso in questo 'lai pappagallo d' Antifanor, elio
la -uà eloqueuza è rivolta a proprio vantaggio! E spesso invero
il pappagallo si trova esaltato come uccello canoro. .Nel verde
paradiso del Roman ili- In Rns<'
Lors s* esvertue et lors s' envoise
Li papegaus et In kalandre lì ;
i- uri Brut 'li Monaco esso vini ricordato insieme con l'usignuolo:
1) Romania, IX , 510: Le» manuicritt francai» de» Qonzague; ofr. n. 36 e
37. — V. anche Hi»t. /Ut., XXX, 101.
Vi Incipit: En ceti partet dit lt conte» chepoyt. Eiplicit: il ne crerayt maya
ni ni' "/'* ti ti drece.
\. Jubinal, Nouveau Recueit de conte», diti, fabliau® , ecc, Paris, 18-12;
II. IV"
•li /.-• !:■, ,„<i,, ,/,■ i,i /,'.. /•, ed. I'. Michel, Paria 1801, i, v. 70-77.
- 19 -
i.i roninoui í notoil laia,
Suoi I cbantoil li pa| ■
i: 1 1 1 1«- lea altrai oiaeiluns
Duot ;i oïr elrl duls li suns l )
« 1onie nel Wainei
Le cani del rouseignol et del deus papegaul 2).
mentre con l' usignuolo combatte in una redazione volgare del
V Altercatìo Philiidis <■/ Florae, per sostener la supremazia dei ca
valieri sui chierici in amore.
Li Papegaus sailli en piez :
_ nop, disi il, oez, oez,
i .e di que li Rosignox raent,
De la bataille me present.
Invece in un'altra redazione del medesimo contrasto scende in
campii contro I' allodola a sostener le stesse ragioni 3). Ricorderò
anche un pappagallo il quale non disputa d' amore ma consiglia
gravemente gli altri uccelli a migliorare il loro governo ed evi-
tare le discordie interne, con un apologo che il poeta - un lore-
nese ili Metz - intendeva involti) a' suoi concittadini 4). Che i pap-
pagalli avessero poi la lor parte ne' Bestiari di Francia come al-
trove, è ben naturale; sebbene non sia attribuita loro alcuna spe-
ciale qualità che ci riguardi dawicino.
Ma infine il più notevole fra tutti, e per un certo rispetto
1) ber Mùnchener Brut; Gottfried von Monmouth in fransosischen Verseti des
XII Jhs., hg. von K. HOFFMANN und K. VOLMÔLLER Halle, 1877; v. 3919 Sgg.
2) Romania, IV, 324.
3) Langlois, Origines et sources du Roman <le la Rose, Paris, 1891, p. 15
tBibl. des écoles françaises d' Athènes et de Rome; fase. 58"e ).
4) La guerre de Metz en i32i, poèrae du XIV siècle publié par E. DE Bou-
TEILLER, suioi d' études critiques sur le texte par F. BoNNARDOT et precede d'une
prèface par LEON Gautier - Paris, 1875. V. Le sermoni le pappegay, pag. 32t3 sgg.
- 13 -
il più degno d' esser posto accinto al nostro messaggiero , è il
pappagallo di Venere nella messe des oiseauoc di .Jean de Con-
ile h. Una prima volta viene volando ad un pino,
Messagiers eri à la dieuvesse
D'amours, ki là venir devoit 2),
«• per lui mandava agli altri uccelli il suo messaggio : tutti lo
ascoltano parlare
Aussi cois e' on chantast la messe 3),
Arriva la dea, e comanda all' usignuolo 'li cantar davvero la mes
sa ; poi ordina al pappagallo di l'are un breve sermone e dare in
nome ili lei il perdono agli amanti leali. E il cortese uccello in-
segna tosto le quattro virtù dell'amore: obbedienza, pazienza,
lealtà, speranza; promette a ciascuno gioie maggiori o pene di-
minuite, garantisce indulgenza ai colpevoli.
Tout li amant qui iestes chi
Proiiées á ma (lame merchi,
En genous, de tous Ics meffais
Ke vous aveis envers li fais
i:u penser, en oevre, en parler
Et en venir et en aler
Et en malvaise convoitise,
Kn toute autre malvaise guise ì)
Non e (orse un'intima parentela fra l'oratore di Venere ed il
messo d' Antifanor, quegli che bandisce le regole dell' amor cor-
li Dite» et contes de Baudouin de Cono et de ton flls Jean de Condì, par
Ano. Scheler; III, Bruxelles, 1367,, pag. I 8gg. Il titolo preciso é « La messe
Man-, et li plais des chanoinesses el de grises nonains».
\. 32-33.
3) V. 31.
li v. 281
- 14 -
i questi '-in' induce altri a metterle in pratica .' K lasciando
lutine la Francia per uhm poesia straniera che molti debiti aveva
coi trovatori , vedremo un re ili Portogallo introdurre in certa
sua canzone una « pastora ben kalhada « resa infelice dall'amore,
ed un pappagallo il quale ;i primavera \;i « cantando muy sabro
bo ». Ella a lui confida le sue pene, ed esso a lei dà conforto l ) ;
il Lang <-lic ha raccolto o messo criticamente in luce il canzoniere
del re Denis pensa che l'idea d'introdur come messo d'amore il pap
[lo sia Btata suggerita dalla novella 'li Arnaut de Carcasses.
Ma unii mi sembra che basti la qualità dell'uccello a dimostrare
una relazione diretta , quando il contenuto e la situazione sono
profondamente diversi. E , del resto, le brevi strofe del re :
l 'ulta pastor lit'in talhada
cuidava en seu amigo,
e estava, bem vos digo,
per quanl eu vi, inni coitada ;
e diss' : « Oi mais nona è nada
de Bar per namorado
aulica molher aamorada
pois que inh o meu a errado ».
Ella t laida na mao
un papagai unii fremoso.
cantando unii saboroso,
ca entrava o veráo ;
e diss' : « Amigo loucio,
que faria pei" amores,
pois m' errastes tam era váo ? >
E caeu antr' unhas fiores.
Unha grani peça do dia
jouv' ali, que nom t'alava,
i) E. Monaci, 11 canzoniere portoghese della Biblioteca Vaticana; Halle, 1875,
n. 137 : El rey don Denis. Il testo critico in H. R. Lang, Cannonerò d'el rei Doni
Denis zum ersten Male vollstàndig lierausgegeben ; Halle 189^, n. LVII.
. - 15 -
e a vezes acordava
e a vezes esmorecia ;
e diss' : « Ai Santa Maria
que sera de mim agora? »
E o pagagai dizia :
' l'.iMii. por quant' eu sei, senhora »
«Se me queres dar guarida»,
diss' a pastor, « ili verdade,
papagai, por caritade,
ca morte in' é està vida ».
Diss'el: «Senhora comprida
de beni, e noni vos queixedes,
ca o que vos a servida,
erged' olho e vee los edes ».
Notevole è solo il provenzalismo papagai, già avvertito dal
Lang li; ond'è probabile che il re Denis avesse bensì innanzi una
fonte provenzale . ma nulla prova che su i modello fosse proprio
Arnaut de Carcasses. Forse dal provenzale ebbe anche Francesco
da Barberino l'ispirazione a quel sonetto, in cui rappresenta sé
stesso preso in forma 'li pappagallo e portato a .Madonna £),
Così popolare era divenuto nella poesia dei popoli latini 1' an-
tico simbolo erotico , 1" uccello lunare degli indiani. Questo mito
fu noto anelie a' Greci, come dimostrano le testimonianze raccolte
•lai lie Gubernatis 3). Ma se pur nel ricco tesoro perduto della
novellistica greca, che il Ronde sospettava originatore della stessa
novellistica indiana, anzi che derivato da questa 4), t'osse esistito
un pappagallo compagno del nostro, ed un racconto magari uguale
li Op. <<': pag. 197.
-i Del Regi. ■ dei Cottami delle Dinne, Roma, 1815, p 81-2.
3) Oy/. ( il., pag. 585-86.
[) E. Rohde, Der griechische Roman und teme Vorlaufert2* Auflage, Leipzig
1900. — V. l'append. « Ueber griechische Novellendichtung und ihren Zusammenhang
uni il <• ni i Irieol », pag. 578
- 16 -
.•il racconto che ci occupa , ciò <-l infine probabile , il seguito
della mia ricerca mostrerà tuttavia vana r ipotesi, che a quelli
potesse o dovesse ispirarsi Vrnaul de Carcasse».
Invero, se cosi unto era il pappagallo alla poesia del Medioevo
occidentale, quando avremo accennato alla grandissima parte che
gli uccelli messaggieri avevano ed hanno in Francia nella lirica del
popolo come nella lirica d'arte, Banì del tutto rimosso ogni sospel
to 'li una diretta fonte orientale o greca per la nostra novella. Al-
l' usignuolo, messager des amante, vengono ili solito attribuite le
amorose parole, ed occorre appena ricordare la lunghissima Berie 'li
canzoni antiche o moderne che s'aggirano intorno a questo motivo
della lirica popolare. « La chanson de l'oiseau messager d'amour
esl universellemeni repandue », afferma uno studioso 'li quella li-
rica lì; e chi voglia recarne degli esempi non ha che la difficoltà
della scelta.
Moderna è la canzone del tipo più connine, in cui un amante
invia 1' usignuolo alla sua bella :
Le rossignol sauvage
Fit bien la commission :
Il s' eri vola,
De bocage en bocage,
Pour la trouvei*
La mignonne à l' ombrage.
Bonjour, belle bergère,
Bonjour vous soit donne :
Belle Isabeau.
1) Histoire de la cJianson populaire en France , par Julien TlERSOT. Paris ,
1889 , pag. 89. Cfr. Ròmer, Die volkstùtnliehen Dichtumjsarten der aìtprovenzali-
schen Lyrik , Marburg 1884 (voi. XXVI delle Ausgaben und Abhandlunyen dello
Stengel), pag. 19.
- 17 -
Yotre amant est en peine.
Si vous 1' aimez
Autant cornine il vous ainie 1).
E seguita cosi , degno creile il >] bel parlare con cui trionfo
ilclln dama il vecchio pappagallo provenzale. A provar come an-
tichi' siano in mezzo al pop ilo ili Francia queste leggiadre fanta-
sie, altri uccelli amorosi compariscono nelle canzoni del '400 pub-
blicate da Gaston Paris 2). V è un doulx rousignolet che viene
ili maggio presso la casa della donna , lodando in suo latino gli
amanti fedeli .*5) ; in non meno di quattro canzoni !' usignuolo o
l'allodola vengono incaricati dall' amante di recare un messaggio
all'amica, o viceversa 4).
Ne ricorderò una sola :
Roussignolet qui au bocaige
Chans doucenient
Va a ni' anno l'aire un messaige,
En fon doulx ebant,
Km disant : « Dng amant m' envoye
l'ai- devei's vous, (;t vous envoye
Ce cuer dolenl :
Secourez-le de vostre amour
Presentement.
K ancora più antica è la romanza , india quale una « pucele de
grani beauté o sta sotto un pino fra una corona d' uccelli , e di
mezzo a questi si avanza il solito usignuolo a richiederla d'amore :
Dame, en qui touz bien es mis,
i'l valour,
I) Jerome Boujeai e, Chants >■/ chanton» populairet de* province! <!>■ VOuest;
l -in.- I, Ni. mi. 1866, ri-', '-".il.
V) Gaston Paris, I han .-. tin vr tiècle, Paris, 1875.
.-. I',-. 65, N. LXVIIL
i Pag. 7", M. IX XII 102, n. CIVj 133, n. CXXXI; 143, n. CXXXIX. L'allo-
dola compare nella terza canzone; all'ultima appartiene la strofa che riprodnoo.
:t
- ih -
pour qui ni imi grani Minti,
plaioe de prato) douçour,
ocii Bachici qu' su morrai
■ ii' ;ii — rostro amour 1 1,
e questo implorare per sé, anzi che in nome d'altrui, <'i richiama
alla memoria il vastissimo ciclo leggendario dell'amante trasfor-
mato in uccello, che ispirò anche un lai a Maria <li Francia B).
Qualche volta l'usignuolo vola al palazzo d'amore 8) ma quasi
sempre la bella si trova in un giardino, o all'ombra d'un albero.
Poiché la natura popolare ili queste fantasie ci permette 'li saltar
dall'antico al moderno trovando sempre in flore la stessa ispira-
zione, ricorderò il messaggiero che in una canzone della Francia
occidentale :
ah jardin d' amour s' eri va,
S' [uhi" sur les seins de la belle,
Chante une chansou nuu\ èlle :
La belle se r \ eilla I),
la bella che giace in un letto coperto «li fiori. Ci toma olla me-
moria una vecchia ballata italiana , l'atta conoscere 'lai Carducci
ed illustrata dal d' Alienila 5) ; la fanciulla
1) Bartsch , Romance* et Pastourelles françaites des XII et XIII siecles,
Leipzig, 1870; pag. 29 sg.
2) È il lai intitolato Yonec. Cfr. Die Lais von Marie de Frnnce, berausg. von
Karl Warnke, mit vergleichenden Anmerkungen oon Heinhold Kohler , Hnlle.
1885 (voi. Ili della Bib/iotheca normannica , hg. von H. Suchier) ; pag. 109 e
LXXXVIII.
3) Daymard, Vieux chants popu/aires recueillis eri Quercy, Cahors, 1889:
Rossignol prend la voléie,
Au palais il' amour s' en va,
4) BOUJEAUD, op. ci/., pag. 293.
5) CARDUCCI, Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei secoli XIII e XIV,
Pisa, 1871, pag. 09-70.
- ]!> -
se ne già nel suo giardino
Sotto lo suo mandorlo fiorì" :
K lì si calza e lì si veste
K lì aspetta el suo dolze amor fi'.
Venne 1" uccello del buon Selvaggio i).
E '11 su la spalla se gli pose;
Messegli e] becco dentro all' orecchio,
Sotto gli suoi biondi capelli ;
i he idi parlava del suo linguaggio,
E la bella non lo 'n tendeva.
La bella provenzale, sollecitata dal pappagallo, aveva inteso:
ma aneli' ella ascoltava il pennuto tentatori' nel suo giardino. Al
'l'Ancona parve " se fosse lecito arguirò qualcosa 'li probabile dalle
poche e misteriose parole ili questa canzone », ili scorgervi « un
riflesso, una memoria lontana delle maravigliose traili/ioni sparse
per entro le ballate brettoni »\ e riconiò quella ballata sul nasci
incuto di Merlino, che il Yilloinanpic riporta nel suo libro sul fa-
moso incantatore, la ninna-nanna in cui la madre narra come Mer
lino >ia nato .li lei, figlia ili re trascinata dal l'ascino il' un canto
il' uccello nella grotta il' 1111 l'ollctt i clic [' ha posseduta 2). Ággiun
L'i'l'u che la stessa leggenda si trova nel Brut citato del ms. ili
1) Forse sarà ila leggere del Imsco settaggio, in rispondenza col rossignokt sau-
vrige delle canzoni francesi e con ì' uccellili selvaggio di un canto toscano riportato
dal d'Ancona.
v HsRSART DE LA VlLLEMARQOé, Afgrdhinn m> C enchanteur Merlin, Paris,
1802; pag II sgg. A pag. 101 è il testo della ninna-nanna in dialetto della bassa
Brettagna. « . . . . J'avais entendu chanter un oiseau. Il chantait d'une voii si (Vai-
che, il cbatitait d'une si douee voix . . . . Il ebantait d'uni' \nix si velnutée , plus
relonlée qne le i mure de l'eaii .. . . si bien que, sana v prendre garde, je le suivis,
l'esprit charme .... Je le sui\ -ig bien loin; hélas! hólas! ma patii re jeunesse ! . . . Vierge
royal, disait-il, In brilles comme la pose du inalin.... L'aiibe du jour, quand'eile
i -il", esl ravie, tu ne le sui- pas.... Tu le savia, quand il se lève, le so<
leil Lea clianta devenaienl de plus en plus beaux, cependant, el je le
siii\ais, lète bais8ée.... Si bien que je lombai épuisée d<' fatigue et que ja m'en-
di i mia soni un chéne, à l'écarl ».
Monaco, riferita b Silvia, la madre <li Romolo e Remo; la quale,
stando presso una fontana , in un bel luogo a garniz d' herbe <■'
de fior », ascolta il canto degli uccelli.
Siel i-i esculte la pulcele,
Por la dulchor est endormie i
< Marte, Bopravvenuto, vedendola rosi bella si giace <'<>u lei. Mn
la ballata italiana n • altro che una nuova propaggine della
nota canzone francese della belle Aelis, ricordata anche dal d'An-
cona. Numerosi frammenti se uè leggono uella raccolta 'li romanze
.• pastorelle francesi messa insieme dal Bartsch : ecco alcune strofe
• li Baude de la Kakerie :
M;i i ii se leva la Liei» fa ite A.elis :
• Mis ni' saves que li loursegnols (list;
il disi c' amoors par faus araans perist*.
Bien se para et plus bel se vesti :
' vos aves hien le rousegnol oi :
se bien n' anies, amors aves trai '.
Si ppist ile l'aigue en un dorè bacili,
' li rousegnols nos dit en son latin :
aniant. anies, joie ares a tous dis'.
Lava sa bouche et ses oex et son vis,
' buei* fu cil nes ki est loiaus amis ;
li rousegnol 1' en pramet paradis '.
Si s'en entre la bele en un giardin ;
li rousegnols un sonet li a dit :
« pucele, anies! joie aures et delit ».
La pucele bien 1' entent.
1) L. cil., v. 3923-26.
- L'I -
et moli debonairement
li respont et sans orguel :
« sans amour ne sui je mie.
ce tesmoignent mi oel ».
1).
Non sempre il canto dell' uccello è un' esortazione ad amare,
e I' usignuolo in un altro jardin d' unum,- moderno consiglia :
Fille, croyez-moy, n'aymez point,
Car les garçons ne valent rien .' 2)
in buono accordo con I' usignuolo ili un canto toscano 3). Ma quello
che a noi importa è che anche il vergier < 1 1 • 1 1 .- 1 novella provenzale,
coiuc tutti gli altri elementi ili questa . ha larghi riscontri nella
poesia popolare : e aggiungo, a caso, in nota altri giardini d' amo
re ; e un coro poetico che si eleva da tutte le terre 'li Francia,
cosi che non occorre affastellare gli esempi -4). Lo stesso dirò, in
generale, per gli uccelli messaggieri che </\:\ venendo ila luoghi e
tempi diversi abbiamo udito cantare, con poche varietà, i mede
.simi inviti, li- medesime promesse, i medesimi saluti il' amore ; si,-i
il melodioso inviato o rosignuolo o allodola o rondinella 5). Per
1) L. cit., pag. ;»■■•.
2) E. RoLLAND, Reami <>'■ chansons populaires, Paris, 18S;5, voi. I, pag. 45.
::) Cantilene e ballate, pag. 69.
4) Cfr. ancora Ch. BEAUQC1ER , Chansons populaires recueillies en Franche-
Cornili, Paris, 1894, pag. 102.— Rollami, op. '-ir., pag. 214 sgg.— Romania, VII. pag. 61
(V. Smith, Vieilles chansons recueillies en Velay et en Forez, pag. 52 egg.).
.">) Sarebbe tacile non meno che inutile, il moltiplicar le citazioni: basti aggiun-
gerne qualcuna. CiV. W. Schefpler , Die franziitische Volksdichtuny und Saae;
Leipzig, 1884, Erster Band; ^u^li uccelli e le fanciulle pag. 50-1; sui messaggieri
pag. "7 •• nota 5; una canzone della Champagne ;t pag. 92, 'li Normandia a pag. 120, ed
un' altra del sec. \\ I a pag. 158. — E. de CousSEMAKER, Chanls populaires dei Fiu-
mana» de France, Gand, 1855, pag. 166 sg. — Bi u Q\ [ER, op. cit., pag. 87. — Daymard,
"/'. ■ •'., pag. 35. Decombe, Chansons populaires <T llle-el-Vilaine , Rennes ,
1884, pag. 208.- RoLLAND, op. cit., I, pag. Il, 211; II, 40, 243 agg.— Romania, III,
una i»iìi stretta analogia 0011 la aostra novella, meritano soltanto
mi cenno particolare alcuni oanti, ne' quali l'uccello stabilisce un
convegno fra gli amanti. Ecco uno del Velay :
« Rossignolet da la marinai
voyageur dea amoreux,
\;t-t' en dira à ma maitretaa
sarai toujours -'>n servlteur.
Rosslgnolel prend la volée,
\ .1 /à la porte de la belle :
tout promptemeni b' en est alle,
- Éveillez-vous, si m' entendez ».
Rcveillez-vous, belle endormie,
e' esl vostre amanl qui est á la porte;
réveillez-vous pour me parler,
désire bien à vous parler.
La bello n' a mis ses pìeds à terre
et descendant per les dégras
elle s' i-ii va z-ouvrir la not-te
« Entrtv , cher amant, ïsî m* aimez ».
1).
E non meno cortese è 1' altro usignuolo, che accetta dal *uo pa-
drone quest1 incarico :
Va-t' en dire a ma belle
Que je viendrai la voii*
Le sa medi au soir 2).
pag. 97-8 (Th. de Puymaigre, ChanU populaires de la valide d'Ossati, pag. 89 sg.).
i — Romania, IX, 559 sgg. Spesso ne' luoghi indicati si trovano riscontri in buon nu-
mero. Qualche altro riscontro suggerisce il RÒMER, op. cit., pag. 04, Ann. 10. —
Nel canto citato della raccolta del Coussemaker, un piccolo uccello bianco porta un
biglietto alla donna. Sui colombi portalettere cfr. A. SxiMMlNG, Bertran de Boni,
Halle, 1879, pag. 279.
1) Romania, VII, p. 57.
2) Rollami, op. cit, II, p. 40.
- 23 -
.Occorre appena ricordare, da ultimo, che la Provenza parte
cipa con tutte le province francesi 'li questa poesia ornitologica.
Provenzale è queir amanti', il quale 'li domenica se ne va in giar-
dino a coglier gelsomini e viole per farne un mazzo da donare
alla sua amica Biancofiore , e lo invia per mezzo del rosignuolo
Reveilhetz-vous, la graciouso,
Yous adus' un bouquet de llours,
e, co' fiori, le tenere parole dell'amore 1).
Ma audio 1' antica Provenza conobbe e cantò sovente 1' uc-
cello galeotto, con m< >< 1 i clic ricordano ben davvicino l' argomento
della nostra novella : avenilo raccolto finora quanto basta a prò
vare cu me tali fantasie fossero innanzi e sieno tuttora diffuse nel
popolo 'li Francia, possiamo tornare ad un tempo ed a una poesia
più vicini alle Novas del Papagay.
Primo a valersi del messaggiero alato fu, per quanto noi pos-
siamo sapere, Marcalirun, nella romanza dello stornello, divisa in
due parti di sette colile ed una tornada ciascuna , perfettamente
corrispondenti nella disposizione metrica : Estornelh, cuelh ta vo
loda, e Ges V estomels non s' oblida 2). Minore importanza ha per
noi la prima parte, in cui Marcabçun affida allo stornello la sua
missione ; ci basterà tenei' conto del carattere apertamente pò
polare 'li queste rime 3). Marcabrun invia il messaggio ad una
donna non meno bella che leggiera
v. 34. Per semblan ea veziada,
Plus qui' virii];i volps cassada :
1) l>. Aiuto ii, Chants pnpulaires de Provence, kix, 1862-64, II, p. 136 sgg.
Per notizie generali intorno agli uccelli parlanti , cfr. W. WACKERNAOEL ,
Hr.sï r.-.iyA/:i , Iiilicl-clirin /nr vierten Sà'cularfeier def (Jniversitâl Basel, Basel ,
184 0, p.- 11. V. I" noie bibliografiche.
v Orundr, 203, 23 in Bartsch, Laebuch, 53 »gg.; Maiin. Ged., n. 506-8.
:«i Bò'mer, op, cit., p. 18 »gg.
- '24 -
i autrier un flati far la badi
i oU oueg enti'ueso' .il dia.
Boa talana
K> \ uluns
.Mi engana ;
Mas mi chana
Fan enfans
Caatiana
De Idi- reionia.
Celui l'ade! gentile fada
\ cui l'uii amora donada :
Non fo tala creatianada
De -ai In peiron Klia.
A lei dovrà volare lo stornello : •
v. 49. Voi' e vai
Tot ili'ct lai,
Kl retrai
Qu' ieu morrai,
Si non sai
Con si jai
Nuda o restia.
Eil il gentile mezzano — qui comincia la seconda parte, che
ha tanto più interesse per noi —
v. 4. I»el dreg volar no s' alensa.
Tant anet.
lì volet,
che giunse infine alla mota, e si posò sopra un ramo fiorito dove
prese a. cantare finche la donna V intese ed aperto V uscio di casa
venne a lui : anche qui la scena si svolge in un giardino. — 0
perchè tanto rumore ? — domanda ella all' uccello ; e questi com-
pie la sua missione. Nò la donna la aspettare il consenso : in tre
strofe si dichiara pronta all' amore, e finisce in questo modo :
v. 60. Vai e-1 ili
Quel mali
Si' aissi,
Que sotz pi
Fa rem lì.
Sotz lui mi,
D' està malvolensa.
Sotto un pino starà anche la dama d' Antifanor nel suo secondo
colloquio col pappagallo ; e come questo, così lo stornello di Mar-
cabrun reca al suo signore la lieta novella :
v. 71. ... als mils drutz
a rendutz
Mil salutz
K pagutz
Per condutz
Ses trautz
De falsa semensa ;
S' al mati
L' es aqui
On vos di
E'ua mandi
Que s1 ardi
Del jardi
E que'us mal e*us rensa.
Questo fu il modello a cui s' ispirò Pietro d' Alvernia per la sua
squisita romanza Rossignol, <■/ seu repaire, che lo Zenker ha ri-
pubblicato criticamente da poco, insieme con le altre rime di quel
trovatore l). La dipendenza 'li Pietro d' Alvernia dal più antico
porta apparisce evidente a chi faccia anche un rapido confronto
delle due romanze : non pure il disegno generale è il medesimo,
ma la stessa forma metrica si e irrisponde con qualche leggeris
sima differenza. Gran differenza è invece nello spirito e nel caral
li I;. Zenker, Die Lieder Peiret oon Auvergne, Erlangen, 1900, pag. D>2 sgg.
4
t,.r,. loro: quanto è popolarmente realistico e brutale il verso 'li
Marcabrun, nel quale si è quasi tentati ili sooprire una atira del
facile amor lei mutevole cuor femminile, tanto è fine, aristo
craticamente gentile il verso 'li Pietro fi' Alvernia. I.' uno 6 l1 altro
trunere 'li ispirazione poterono essi trovare nei canti popolari ; ma
il poeta dello stornello volle esser raffinato soltanto nell* agile ar
tiflzio delle strofe e delle rime preziose, mentre il poeta dell' usi-
gnuolo cercò anche la raffinatezza del sentimento. Lo Zenker, il
quale dà pure il giusto merito all'alvergnate per questa romanza che
va fra più squisiti della lirica provenzale, insiste poi un
j, ,' troppo sull' imitazione da Marcahrun : ohe se pur questa è in
aegabile, come li" detto, non va d'altra parte dimenticato che il
criterio dell'imitazione è ben difficile a determinare, quando si
hutti 'li ispirazioni diffuse nella poesia del popolo 1).
Peire d'Alvernha incomincia con affidar l' incarico all' usignuo-
lo, come Marcahrun .-ili" stornello : mentre la novella ci presenta
senz'altro il pappagallo in colloquio con la 'lumia. Quegli ne va
volando al luogo dov' ella «regna » senza timore, finché la trova.
Quando « l' auzeletz de bon aire » vele apparire la beltà <li lei,
comincia a cantare così dolcemente
v. l'I. si com sul l'ai- contrae sci- :
poi tace, e pensa fra sé etimo dovrà parlare alla donna.
v. 31. Gel que*us es fizels amaire
volc qu' eu en vostre poder
vengues sai esser cantaire,
per so que'us fos a plazer ;
1) Bi questo carattere popolare lo Zenker (efr. op. cit., pag. 43 sgg.) non fa
«nno. Per esso si comprende «jener Haucli weichen, seliwàrmeriselien Empfiftdens»
nel quale sarebbe invece, secondo lo Zenker, « ein Erbteil germanischen Gemiites »
nell' antica lirica francese e provenzale (p. 44). Per il confronto con Marcabrun,
v. anche RÒMER, op. cit., pag. 18 sg.
v. 41. E si-l pori pei' que*s n' esclaire,
gran gaug en devetz aver,
i[u' anc ora no nasquel de maire,
tao de be*us posca voler :
Non contento ili recar dall' uno all'altra le parole amorose, esorta
egli stesso la donna all' amore :
D' aissom l'ai plaidejaire :
qui"» amor a son esper,
no*s deuria tardai- gaire,
tao coni 1' amors n* a lezer :
quo tosi cai
blancs en bai,
com Hors sobre lenha :
e vai mai
quii* fagz l'ai,
ans qu' als la-n destrenha.
Con la risposta della donna incomincia la seconda parte. Piace
a lei il discorso dell' uccello, come piaceva alla lucilo amante con-
quistata dal pappagallo :
v. l. Molt mi platz,
so sapchatz,
vostra parladura,;
et aujatz,
que'il digatz
-i don mi pren cura.
Troppo presto è partito da lei il suo amico ; ella ama così fedel-
mente, che oe' sogni le par sempre 'li averlo giacente fra le suo
braccia e oe prova una voluttà che uessuno può sapere. Sempre
1' ha amalo , no vorrebbe la conquista d' altri più nobili di lui :
amore la fa insensibile al vento ed al gelo d' inverno come al ca-
lore estivo, perchè il vero amore è come l'oro
- 28 -
\ 13. i|Uf i' camera de bontatge,
i[ui ;ii) bontal li »en la.
Questo ripeterà I' usignuolo a colui che V ha mandato :
\. 51, « Dona auzeU, \;is soli estatge
m'irete, quan venra'l malia,
e d\^:\\/. r imi drag lengatge
de qual j^'iiisa I' oboilis ».
Abrivatz
n' os lornatz
trop per gran mesura,
doctrinatz
culpa i-lat/,
de bon' aventura.
E così anche noi, ben « doctrinai » su quanto occorreva al nostro
proposito, possiam ritornare alla novella del pappagallo. Se non
corre tra questa e le romanze esaminate più sopra, un preciso rap
porto di dipendenza, ognun vede che tutte appartengono alla stessa
famiglia. 11 maggior movimento drammatico ili Marcabrun , dove
il dialogo è chiuso dalla promessa d' un convegno, s' intreccia nella
novella con 1' elevato sentimento amoroso di Pietro d' Alvernia, il
quale nella sua romanza è più lirico che drammatico; ma il nostro
poeta, o almeno il poeta della redazione 11, ha saputo colorir quella
trama , ricavar dall' originario motivo lirico nuovo movimento e
nuova vita, riuscendo ad un piccolo dramma di azione rapida dove
le varie parti sono disposte con bella armonia e dove V abbon-
dante vivezza de' particolari dà al vecchio argomento un' artistica
impronta ili originalità.
Ricorderò da ultimo, perchè questa scorsa attraverso l' antica
poesia provenzale sia completa, una canzone anonima, che si trova
nel canzoniere 0 1). Qui è la rondinella che una donna invia al
suo amante lontano
1) HERRIG'S, Archiv, 34, p. 477. Cfr. Grand. 461, 28: Arondeta, de Con Chan-
tal' m' aer.
- 29 -
' E car no sa lo pais e-l viatge
Me'n veng zai saber vostre viatge ',
■e fra questi e la messaggiera s1 intreccia un dialogo in cinque
strofi', che finisce con la partenza della rondinella.
' Signer amie, deu vos lais aemplir
Vostre talant, e' a mi non poc faillir,
Can meo irai que no m' ardo nem ronda.
E quant sabra(i) que sei en strauh regratge
Ben Ter a cor greu e fer e salvatge' 1).
Ma il pappagallo «li R non è soltanto un accorto Galeotto :
per dare a' due amanti il modo di goder la solitudine del giar-
dino, allontana da questo Ogni altra persona, appiccando 1" incen-
dio al castello con quel Cuoco greco nel quale il Bartsch vide ri-
flessa la greca origine del poemetto. Tuttavia , senza andar cosi
lontano, gli uccelli incendiari erano pur essi noti a quell'Ucci
denti- il quale conosceva cosi bene gli alati messaggieri d' amore.
Noti erano a Wace che li introdusse nel suo Roman de Brut a
portar le fiamme in una città assediata.
CU de fora par tei tricerie
Que ainc mais n' ot esté vie,
* »n t la cité tote enflamée ;
l ii. a i "in il 1' ont alumée,
(doissons aroi et giù priseot,
En escaille ile nois tu misent,
El od le fu disenl repondre
1) Il ROMEB, l. cit., pag. 64, dopo aver citato pochi esempi di canti popolari
-i dove compare un uccello messaggero d'amore, aggiunge un accenno alla
novella di Arnaut de Carcasses; ma non fa capire se con questo ravvicinamento
lia inteso dir che la novella appartiene a quel genere di canti, o se la somiglianza
è - lo casuale.
- SO -
Ea prisca de lui <•! de tondre,
\ i pii a dea moisaoos r eapendirent,
Merveilloee voisdie flrent.
ai Boir, quaol \ mi .1 I' aveaper,
i aièrent lor moissona Bler.
Il b' alòrent al Boir colcbier
Là où il Boloienl jochier
K> his de blé ••! ea buisaona
li ea sourondea de maisons,
Kt dèa que li \ ile esca u fa
Li vile esprisl el aluma 1 1.
E non era punto vero che una « tei tricerie » non l'osse mai stata
veduta, se già Plinio ricorda le 'aves incendiariae ', o ' spinturni-
ces' 8): « quae sii avis ea, nec reperitur nec traditili- », osserva
il naturalista latino ; e sull' autorità di Plinio afferma Adalberto
Kuhn 3) essere fuor di dubbio che anche ai Romani l'osse cono-
sciuto il mito di un uccello incendiario. E tali uccelli sono, in so-
stanza, mitici apportatori del (ululine 4).
IH l'atto consimile a quello del Brut è narrato negli Otta
imperìalia di Gervasio di Tilbury 5); un francesi — il Foissac —
scrisse che « deux naturalistes célèbres du quatorzième siècle, Al-
dobrande de Bologne et Hermolao Barbaro de Venise disent avoir
vu quelque fois à des hauteurs ronsidérables des corlieaux dont le
lice jetait une vive lumière par Ics temps d' orage » (1). Con Aldo-
brando, Ermolao Barbaro oratore della Serenissima li avrà veduti
in quel medesimo cielo fantastico dove , secondo il Yossio , altri
1) Le roman de Brut par Wace, publié par Le Rodx de Lincy, Tome II,
Rouen, 1838: v. 14001 sgg.
2) Hist. nat., X. 13. Cfr. anche X. 18.
3) Die Herabkunft des Feuers und des Oòttertrankes, Berlin, 1850, pag. 31.
4) Cfr. Kuhn, op. cit., 214 sg.
5) Des Gekvasius von Tilbury Olia Imperia Ha, hg. von Felix Liebrecht,
Hannover, 1856, pag. 81 (Anmerk. 10).
6) Métereol. I, 150: citato da L. Laistxer. Nebehagen, Stuttgart, 1879, p. 252
Anmerk.
- 31 -
scorgeva dei corvi svolazzare portando fuoco nel becco 1 ). Le varie
i le germaniche di uccelli incendiari ravvicinò il Mannhardt
ai corvi indiani che mettono in fiamme i nidi delle civette 2); e
non germaniche solamente, ma ve n' ha 'li russe e inglesi e arabe
e persiane e africane e chi sa quant' altre ancora. Nel Tirolo du-
rante una carestia si videro corvi incendiare le case con i carboni
ardenti , ed il medesimo si narra in Sassonia e nel basso Harz ,
dove 1' anno 1 191 l'unni visti curvi neri e altri uccelli venuti d' In-
ferno a sparger il fuoco coi carboni che [asciavano celere dal
becco 3). Il Corano sa 'I' una schiera d'uccelli che gettano pietre
ili fuoco sopra un esercito 'li cristiani; Hyde nanfa che in Persia
i principi usano legar piccoli l'asci d' erba secca a' piedi degli uc-
celli i quali volando per piani e monti apportano dovunque 1' in-
cendio 4). Altre leggende 'li Germania, 'li Svizzera, 'li Boemia attri-
buiscono alla cicogna questo potere 'lei fuoco : -e le vieti rapito
un nato, essa infiamma con un carbone tolto al focolare la casa
• lei rapitore 5). La stessa origine orientale, li» stesso fondamento
co sono comuni a tutte le tradizioni di tal genere : ma il poeta
delln nostra novella trovava già a' suoi tempi il cielo d' occidente
pieni) d'incendiari alati, e per concedere agli amanti un'ora 'li
felicità , si valse ili queste fantasie popolari , cune ad un motivo
popolare s'era ispirato nella, prima parte 'Iella sua narrazione 6).
i) Mannhardt, in Zeitschrifl far deuUche Alterthum unddeutsche Litteratur,
22 Band, Berlin, 1878.
2) /.. cit., pag ' bereinslimmung deulscher und antiker Volksùb
ten. Cfp. Felix Liebrecht, Zur Volkskunde, Heilbronn, 1879, p. 109 -s^.
3) Orasse, Der Sageruchatz de» Kónigrcichs Sachsen, Dresden, 1855, p. ,17,
n. 288. II. Pròhi i tlerharzes oon der Gra f scita ft Wernìgerode bis
■ afsehaft Stolberg und zar Rossirappe, Leipzig, 1859, neue Ausgabe, p. 52.
Ij limi:, Veterum Persarum eie. Relig. /list. Ed.sec, Oxonii, 1760, p. 25
i tato dal Liebrecht, op. cit., p. 262
•"») Mannh irdt, /. i rt., p. 18.
6) l'i que i • parere Bembra essere il RÒMER , quando accennando alla novella
- :ì'2 -
ni , i", i ,1 medesimo poetai La questione, oome li" avvertito
da principio, fu dibattuta fra il Bartsoh e lo Stengel, e rimase
insoluta. ■• \iiinut de Caroasses, ohe si nomina alla fine della ver
,,,,,,,. fij u — scrisse lo Stengel illustrando il testo di .1 — non è
affatto indicato nella versione presente. Ne forse ciò è da attri-
buire allo stato unitilo di questa copia 1): Arnaut de Carcasses
componeva il suo poema, come dice egli stesso, 'per l<>s
mariti fistiar Que volo lors molhers garar Que'h laissen u l<>r
pes anar\ Ora, questa tendenza non trasparisce punto nella ver-
sione nostra V me sembra che questa storia [di K| più
complicata <v ricercata dell' altra , non sia che un rifacimento ili
Arnaut de Caroasses sopra la versione che adesso viene in luce,
rifacimento sul (piale è innestata quella nuova tendenza satirica.
La nostra versione sarebbe dunque la originale, ed il suo autore
un anonimo ». Cosi l<> Stengel 2). Nulla aggiunsero a questo giù
dizio il Wesselofski , pubblicando il frammento riccardiano della
novella 3), ed il Napolski che in queir occasione dava in luce le
varianti del cod. estense e del primo frammento ambrosiano 4) :
ma quegli disse prematura ogni conclusione prima che tutti i ma-
noscritti fossero ben noti, questi non fece che accennare al pro-
blema. Per il Bartsch invece, Arnaut de Carcasses è senza dubbio
il poeta del testo originario. Considerando che il primo frammento
di ti si chiude appunto con quel verso, dopo il quale incomincia
la divergenza fra J e R, e che le due redazioni G J sono fra loro
intimamente congiunte, ne deriva che probabilmente J proviene
con G da una l'onte comune mutila, comprendente il principio fino
al verso
J 124. Coni hieu ai fag per vostr' amor 5)
del Pappagallo scrive (op. cit., p. 04, Anmerk. 10) : « Zu solchen Sagen von brand-
stiftenden Vògeln hat Fel. Liebrecht reiche Nachweise geliefert ».
1) Mostrerò in seguito, che J non è per nulla mutilo.
2) L. cit.
3) L. cit.
4) L. cit.
5) G 98, R 130.
- 33 -
e tutto il seguito in .J sarebbe un arbitrario compimento del co-
pista. Naturalmente, con la seconda parte dell' originale veniva a
mancare anche il nome del i ta , ricordato nella chiusa. « Ich
kann nicht finden — aggiunge il Bartscb — dass die Erzàhlung in
-I die einfachere sei. man miisste denn einfach mit inhaltlos iden-
tisch nehmen. Der Verfasser des Schlusses J weiss ofienbar nicht
recht, wie er die Geschichte zu Ende bringen soli ; er hai uicht
die geringste Erfìndungsgabe 1 1 ». La prolissità delle dichiarazioni
« cui s' abbandona 1" amante contrasta con la graziosa uarrazione
della prima parte ; il teste, inoltre, uon ha conclusione, e per di
più il nome 'li Antifanor che nella prima parte è ripetuto cinque
volte, nella seconda non apparisce : cosi, quanto in .1 è diverso da
R rappresenta il disgraziato tentativo ili riempire una lacuna. La
vera conclusione sta nel testo integro conservatoci da R 2).
Queste induzioni il Bartsch accompagnò con una prima clas-
sificazione dei manoscritti R J (i (quest'ultimo pel solo primo frani
mento Dinç un verçer), e del riccardiano eh' egli contrassegnò con
la sigla II. A me spetta ora di riprender «-un più ricco materiale
quest' esame, tenendo conto dell' altro frammento Eu amari iur in
G e D. oltre che per i testi inediti G' e 1), anche per tutti gli al-
tri mi son giovato direttamente dei codici in Firenze ed in Mila-
no. L' illustre prof. A. Morel-Fatio ha voluto collazionare per me
il parigino R, con una cortesia di cui gli rendo pubbliche grazie 3).
Se consideriamo la questione semplicemente da un punto di
vista generale, tanto i; quanto •' possono rappresentare la reda-
zioni' originaria ; vale n dire, tanto è probabile che un racconto
i) L. cit.
2) Non capisco perchè il Bariseli a questo punto scriva : « es ist nicht entfernt
daran zu denken, dass dieser Schiusa K oder seiner Quelle vorgelegen, und von Ar-
naut de Carcasses das anonyme Gedicht er<t umgearbeitet worden sei ». 0 p> rchè,
dato il suo ragionamento, Arnaut non sarebbo senz' altro 1' autore ? Il testo dice eh' ei
/fa la novella.
3) La stampa di J procurata dallo Stengel non era priva ili s\ i<ie: alcune cor-
rezioni si leggono cella ZtiUehrifX /'. rom. Phil., II, 198. Cosi qualche imprecisione
è anche nel lesto ili O1 neWArchiv (/. cit).
- 34 -
pììi povero fosse poi svolto, ampliato, modificato da un altro, quanto
.• probabile '-li'' il testo più rio» omplesso venisse da un Mitro
poeta senapi i Acato ; infatti due valenti come il Bartsch e lo Stengel
poterono scendere in oampo per l' una e per l' altra opinione. Così
;i spiegar la divergenza nella seconda parie di R e -I si potrebbe
teorioamente supporre che il poeta della prima come quello della
seconda redazione si fosse trovato innanzi un testo mutilo come
ivesse dovuto seguire per suo conto la narrazione. Il Bartsch,
che aveva studiato in precedenza i rapporti dei manoscritti, vide
subito che autore della continuazione del testo mutilo era il poeta
di J. Di il è qui inutili' parlare : lo scrittore , cui stava innanzi
una Ponte della famiglia GJ, lavorò ili memoria: ma forse questa
gli falli, e non gli permise ri' andar molto lontano, si eh' egli s' ar
resta prima del punto in cui comincia la divergenza. Prima 'li
controllare con 1' esame dei testi l' osservazione del Bartsch, posso
ancora alla mia volta appoggiarla con nuove ragioni. Lo Stengel
osservò che in J i versi dal n. 189 in poi contenenti una lunghis-
sima promessa 'li fede giurata sugli Evangeli, « destano grave so-
spetto i-In' sieno stati aggiunti posteriormente ». Vedremo in se-
guito comi' il contenuto 'li quéi cinquantasei versi giustifichi pie-
namente un tale sospetto: ma basti per ora considerare come due
testi sfuggiti allo Stengel, Gs e D, riproducano per V appunto que-
sto frammento, come indipendente; ed esso in origine appartiene
così poco alla novella, che lo vediamo comparire in quel medesi-
mo canzoniere G il quale contieni' soltanto in seguito il principio
della novella stessa. Il Bartsch comprese questo, che non diremo
più frammento, fra' domnejaires provenzali 1): infatti i primi versi,
leggermente modificati, come vedremo, in J, suonano cosi :
(,!)) Eu amanz iur e promet a vos
bella dompn'ab diz amoros 2),
e V ultimo :
1) Grundrìss, p. 41.
2) G : 1. amati ; [a].
- 35 -
(In Dompna, per aquest sanz avaogelis i) ;
cosi che, secondo il costume del domnejaire, si comincia e finisce
col richiamo della donna. Parve allo Stengel che 1' ultimo verso,
isolato, rivelasse incompiuto il suo testo, mentre si tratta invece
d1 una special forma di conclusione, sul genere del senher marques
che sta in coda alle epistole di Ramhaldo di Vaqueiras ; 1' invo-
cazione degli evangeli riprende, come un ritornello, un pensiero
uià espresso innanzi (v. 33 sgg.). 11 metro, che troviamo usato di
frequente ne' salutz provenzali, era lo stesso metro della novellai).
Questo nostro domnejaire è anonimo ne' mss. che lo contengono
in dipendente . ed in <1 tien dietro alla nota einzone, dello stesso
genere, di Arnaut de Maruelh Domna genser >/"<■ un sui dir.
\ppare dunque fuor d' ogni dubbio che il poeta di J abbia con-
tinuato a modo suo la novella , (die si trovava essere incompleta
nella sua fonte, aggiungendovi arbitrariamente il domnejaire, del
quale alterò alquanto il primo verso, per collegarlo col resto, senza
pensare eh' esso veniva ad avere una sillaba in più :
Et hieu vos amans jur e promet.
11 giudizio ;, cui dà luogo l'esame esterno dei testi sarà ancor
meglio confermato da un breve sguardo al contenuto. Abbiamo
visto come il racconto di R si svolga armonico in ogni sua parte,
come ogni episodio abbia confini ben misurati nel disegno gene-
rale ; d' altronde il tono semplicemente narrativo non sconfina mai
nella lirica, e i;i stessa morale della l'avola, conclusione maliziosa
per mezzo della quale il poeta dà un line alla sua novella, viene
brevemente accennata. Non era quello il medesimo line a cui mi
rava Kaimon Vidal col suo Castia-gilos ? .'{)
1) G : soinz evangeli.
2) V. sulla forma metrica dol sa/ut provenzale e francese, I'. Mkyf.k, Le talut
il' amour dati* le* littérature* provengale et françaite, Paris, isr,7, pag. G segg.
3) Cfp. Cattia-gilot, v. 412
Vos vuoili pregar,
- .Hi -
il racconto 'li J, invece, 6 oome una tela da cui sia stato ra-
schiato il colore. Appena vien meno la Ponte a cui attinge, il nar-
ratore comincia a incespicare. Le scene cosi ricohe 'li movimento
ohe preparano l'incontro degli amanti, l'andirivieni del | » <• » ( > | > .• i —
vallo. In stratagemma dell' incendio, I' abbondanza de' particolari :
tutto quanto costituisce il miglior pregio 'li R, scompare senza la-
sciar tracia 'li sé, e oi basta sapere che
.1 \ . iv.i io cavalier b' en es anaz,
Dins el vergler el es intra/..
Che questo dovesse avvenire, era chiaro da' discorsi precedenti:
ma il duovo poeta non sa aggiungervi nulla. Bensì, appena L'amante
è entrato uel verziere , muta il tono <lel racconto. R presentava
qui subito una silenziosa e vivace sema 'li passione, interrotta poi
bruscamente dal pappagallo spaventato, corso ad annunziar la fine
dell' incendio : i due scambiano a stento poche frettolose pai-ole ili
commiato cavalleresco :
vos e ma clona la reyna
en cui pretz e bentaiz s'aclina,
qne gilozia delendatz
a totz los homes niolheratz
que en vostra terra estati ;
qne donas tan gran poder an,
elas an ne tan gran poder
qne messonia fan semblar ver
e ver messonia eissamen,
can lor piai, tan an sotil sen.
Et lioni gart se d' aitai mestier,
que no'n esti' en cossi rier
tostemps mais, en dol et en ira,
que soven ne planh e-n sospira
liom que gilozia mante.
- 37 -
K v. L'st; 'Dona, que*m voldretz vos mandar?'
'Sener, que-us vulhatz esforsar
De far que pros tan can poiretz
en est segle tan cant vieuretz ' ;
poche parole, con una premura in proporzione del pericolo. Tut-
ti' altro è in -I lo svolgimento ili questa scena : la donna con lunghe
dichiarazioni si offre all' amante, purché egli le prometta fede ; e
quando Antifanor si dispone a contentarla, ella rinunzia con per-
fetta coi'tosin al giuramento.
J v. iti:; . . . en vos mi voill hieu 6zar,
Per vostras volontatz a far
Et aissrm met ses tot turar.
Sappiamo che anche qui sul più bello ricompare 1) l'uccello di-
sturbatore : nunzio non già dell' estinto incendio , ma del marito
che s'approssima e sta per suonare alla porta. Così la scenetta
originale che in .1 era ''(.si ben coordinata con l'azione pr lente,
diviene qui un luogo comune tolto a prestito dalle albe. Segue l'in-
terminabile commiato dell' amante, che ci è noto.
Che questo facesse, in origine, parte da sé stesso, risulta oltre
che dal trovarsi isolato nei manoscritti G e D, anche da, altri ar-
gomenti. Ognuno avverte Y inopportunità d' un commiato in cin-
quantasei versi . con un marito alle porte ! E per esso la narra-
zione si trasforma in lirica, dall' intona/ione semplice e briosa della
novella si passa alla gravità cortigiana e verbosa dell' amor cor-
tese : tutta quella tirata non è, per giunta, che un lungo giura-
mento, quando di giuramenti la donna non voleva più sapere. Da
ultimo, se il racconto 'li R accompagna il cavaliere alla porta del
giardino, quello di •' rimane sospeso — senz' esser mutilo — e privo
di conclusione. Ed una conclusione potremo trarre noi dal nostro
esame, ripetendo il giudizio col quale 1" avevamo incominciato : che
1) Pareo, dice senz' altro il testo: mentre H descrive assai bene lo sbigottimento
del pappagallo.
- :;h -
i; ,■ il testo originario, ed Afnaul de Carcasses, per conseguenza,
il vero poeta della novella.
Di Aniaiit de Carca8868 >i potrebbe ripetere oggi, con buona
coscienza, quello che oento ventisette anni or sono ebbe a dirne
il Millot: che a ce troubadour esl absolument inconnu» I). De
Carcasses, '•ine nativo della piccola regione in cui si trova Carcas
gonne e chiamata appunto Carcasses, ha scritto il Bartsch e ripe
tutu I" Stimming 2); non certo della ritta stessa di Carcassonne,
perchè in questo caso <-i aspetteremmo Carcassones , come Nar
bones da Narbonne , e in ogni modo la preposizione sarebbe 'li
troppo •"".
chi' un trovatore prendesse nóme, anzi che dalla città o dal
borgo della nascita, da una intera regione, è cosa che unii parrà
strana a ehi ricordi altri ninni illustri come quello di Peire d'Al-
vernhaj ne l'uso richiedeva, innanzi a quel nome, l'articolo o
la preposizione articolata !)• Potrebbe tuttavia nascer la tentazioni*
di attribuire al nostro trovatore una patria un po' meno indeter-
minata. Nel Carcasses, che ì'u a' suoi giorni lontani contea e ve-
scovado , si trova un minuscolo villaggio che porta il medesimo
nome, un 'hameau', antico più che non ci occorra, e non privo
di storia. Del 'pagus Carcassensis', nel territorio della Roque-de-
i) II, 290. Gfr. Stimming, op. cit., p. 13: [A., v. C ] « von dem wir aber sonst
nichts wissen ».
2) Bartsch, Grundriss, p. 21; Stimming, /. cit.
3) Ha torto il Balagier, quando chiama Arnaldo « el de Carcassona ó de la
comarea de Carcassona » (Historia politica y literaria de los trovadores, II, Madrid
1878, p. 37. Anch' egli aggiunge che di questo trovatore «no se tiene noticia al-
guna ».
4) Cfr. La chanson de la croisade contre les Atbigeois, ed. par P. Meyer; I,
Paris, 1875; v. 897(5 En Robertz de Tinhes ab lor de Carcasses; v. anche i vv. 293,
2913, 3500, 3974, 3034; Mila y Fontanals, De los trovadores en Espana, Barce-
lona, 1889 (Tomo secundo de las Obras completas), p. 142, 179, 181. Così non ha fon-
damento di sorta M. Lafon, quando scrive (op. cit., p. 108) Arnaut du Carcasses.
- 39 -
Fa, è l'atto ricordo in una donazione di Carlo il Calvo } l'anno
870 I). Nel 1260 un Olivier de Termes lo vende al re Luigi IX,
e dal re lo ricomprerà Andrea ile Barre il sei maggio 1666, dopo
che in nome suo molti signori l'avranno tornito. Minuscolo borgo,
presso la Roque-de-Fà a cinquantacinque chilometri ila Carcasson-
ne che nel secolo XIII si disputavano i signori 'li Termes e 1' ali
bazia 'li La Grasse, Carcasses non contava che otto famiglie nel
maggio 1366 : « loco de Carcassezio loci 8 ». Umili fuochi, ili certo;
eppure ò rimasta in vari documenti traccia .li persone oscure clic
vi si scaldavano sette secoli or sono. Un 'Valguerius ilo Carcas
ses . et Guillelmus frater ejus ', erano fra' militi di Guglielmo
de Pietrapertusa che il 22 maggio 1217 giurava fedeltà a Simone
• li Montfort 2). Fra le deposizioni l'aite ai regi inquisitori in Car-
cassonne fra il 1259 e il 1262 una ve ne fu che riguardava una
'Ferranda do Carcassesio' la quale 'era! apud Carcassesi uni, quan-
do castro do Carcassesio fuil captum per gentes domini regis ' 3).
Si tratta, in questo come noi primo caso, del villaggio, e non della
regione. Se di costoro fu conterraneo Arnaui de Carcasses, certa-
mente dovè viver lungi dal tetto nativo per apprendere il signo-
rile spirito cavalleresco che informa la sua novella : ma humili
lum natus sarchile egli pur nel significato latino, fra quegli otto
focolari, mal-rado la particella onorevole eho sta innanzi al suo
nome. Risolvei' la questione , non mi sembra possibile , perché il
poeta non ci fa sapere altro 1). <) piuttosto, .piale, sa aggiunge, che
anche può dar luogo ad altri sospetti, 'piando dice di sé
oue preex a l'aitz per manta- res.
1) Questa, e le altre notizie storielle su Carcasses, si trovano in MAHDL, Cartulaire
da Archioet de» Communei de fancien diocése et de tarrondùeement admninislratif
,/,■ Carcauonne ; voi. Ili, Paris, 1861, pag. 12
2) Devic et VaíSSETE , Ilistnir< generali d Languedoc, 'l'um.' Vili, Toulouse
1879; eoi. 702.
3) /■/., VII, col. :t:.i.
Sopra un pretesa Arnaldo >li Cape un.' che avrebbe vestito l'abito rei
nell'ordine fondato 'la san Pietro Nolasco e approvato da Gregorio IX l'anno 1230,
vedi VHitt. gin. 'li Languedoc, VII, 62.
- 40 -
Preex \(>it,'i dir qui 'domanda d'amore, invito amoroso' I Par©
che si accenni a quale] pera, anzi a varie opere anteriori; ma
quel significato mal s'accordi a le parole ohe seguono: per
manta* res. A questo verso tien dietro, secondo ogni probabilità,
una lacuna, il testo è sicuramente corrotto; si «Ih- il senso ne ri-
sulta anche più oscuro. Porse bisognerà intendere prec nel Benso
generale 'li 'esortazione'; e come questa novella esorta i mariti
a guardarsi dalla gelosia, cosi altre esortazioni, altre novelle col
line d' ammaestrare -ara uhm stati i prec 'li cui Arnaldo si dichiara
autoi iori notizie intorno a lui non è possibile sapere.
\i i dove tacciono i documenti, voglion parlare i dizionari bio
grafici. Quello universale del Larousse afferma senz'altro che \r
iiant de Carcasses morì il 1270. La 'Nouvelle Biographie generale'
pubblicata dai Didof l), più modesta, si contenta d'osservare che
il trovatore, « né vers le commencement du treizième siècle », sa-
rebbe morto « probàblement vers 1270». Il volume contenente
questa notizia è del 1861 : rifacciamoci ancora più indietro. Dopo
il 1843 venne in luce il secondo volume della Biografia univer-
sale Michaud, in nuova edizione 3) : vi si legge che « le peti! poème
parati avoír joui d' une grande et longue celebrità au moyen-âge »,
e che '< la vi'1 d' Arnaut de Carcasses ne nous esf pas connue. On
suppose qu'il mourut au retour de la dernière croisade, vers 127n ».
La notizia ha la firma ili Ch. Winter. A questa fonte rinvia il
Mahul nelle sue indicazioni di cittadini e famiglie ili Carcassonne,
'love fa cenno del trovatore. La prima edizione della Biografia
Michaud (Parigi, 1811) non ha nessuna data e nessun particolare
intorno ad Arnaldo. Bisognava dunque indagare su qual base si
appoggiassero le notizie della seconda edizione.
Il volume XIX dell' H istorie littéraire, pubblicato vari anni pri-
ma di quella, il 1838, nasconde la chiave del mistero, nelle pagine
che 1' Émério-David consacra alla novella del pappagallo (Ò50-2).
1) Xouoetle Biographie generale, publiée par MM. Firmili Didot f rè res, sous la
direction de M. le Dr. Hoefer, III, Paris, 1801.
2) Biographie universelle Michaud, Nouvelle édition, tome deuxième, Paris et
Leipzig (senza data. Il 1» voi. è del 1843).
- 41 -
Anche qui si accenna alla « réputation doni elle parali avoir long
temps joui»: sono quasi le stessi- parole della Biografia, che in-
dubbiamente ebbe qui la sua fonte ; e da ultimo s' all'accia un so-
spetto cronologico : « Nous supposons V auteur mori au retour de
la dernière croisade ». Perchè '. lo non lo so davvero, e mi con-
forta il pensare che il David non 1<» sapeva ili certo ueppur lui :
altrimenti non avrebbe gettata cosi mula la sua scoperta , senza
indicazioni precise , senza mostrar lontanamente come mai quel-
1' idea gli l'osse sorta nel capo. Se dobbiamo sospettare anche noi
ili qualcosa, io indino a credere che, ritenendo orientale la ma-
teria del racconto, lo scrittore dell' Histoire littéraire abbia voluto
mandare in Oriente il suo poeta, per dargli modo ili raccogliere
direttamente quell'ispirazione d'oltremare; e per un simil viag-
gio, quale occasione migliore della crociata? Il poemetto sembra
appartenere alla tarda poesia provenzale: adunque, può trattarsi
dell' ultima crociata. Così il povero Arnaut de Carcasses abbandona
la costa sassosa, sparsa d' uliveti argentei, della sua Provenza, per
muovere in guerra contro i nemici ili Cristo e contro la serietà
della storia.
La stessa leggerezza aveva già mostrata innanzi quello scritto
re, parlando del successo che l'opera di Arnaut aveva ottenuto
ira gli altri racconti dello stesso genere. 0 che ne sapeva lui, co-
uqscendo un sol codice che la contenesse per intero '. Ma per opera
Bua, la leggenda non tardò a l'ormarsi. Mentr'egli accenna soltanto
al ritorno della crociata , il primo compilatore che segue le sue
orme fissa 1' epoca precisa ili quel ritorno. Il secondo tace della
crociata , e ricorda senz' altro l' anno in cui « probabilmente » il
trovatore muri. 11 terzo, infine, non ha più scrupoli : anche quel
timido avverbio scompare, innanzi alla vanità che pai- persona della
■ lata fantastica.
- l'_-
De* quattro manoscritti eh ritengono la prima metà della no-
vella, nessuno e, rispetto agli altri, completo. Ad R mancano, in
quella parte, undici versi: 10-24, 133-36, ed in luogo del v. 106,
il \. 100 trasportato ila] suo posto a sostituire il verso caduto.
I \\. 10-24 --"ili» in .Hill; i vv. 133-36 in -iti. Mancano invece a
JG i versi: 111-22, e due soli, particolari ai due codici, vi si
no in cambio dei vv. 125-20. <; ha poi, oltre queste, al-
tre deficienze sue particolari : i quattro versi 25-28 che sono in
.ini;, oltre i vv. .>.">- 7 1 '■ , che sono in EU od erano, come vedre-
mo subito, nella fonte di il. Quest' ultimo, alla sua volta, non può
venir pi-oso m considerazione che molto alla lontana. Più breve
degli altri frammenti, è ridotto in così cattivo stato dir qua e là
non è nemmen possibile riconoscer la misura ilei versi. 11 Wesser
loiski notò ch'esso è inserito noli' ultimo foglio del manoscritto
■ la qualcuno fin' sembra avere scritto di memoria, e la sua ipotesi
e, mi pare, ancor meglio provata dal fatto che la lingua del fram-
mento è singolarmente mista di voci francesi e provenzali, le prime
sovrabbondanti verso la tino, dove l'orse la memoria precisa fa-
ceva più diletto ; con molte tracce di ortografia e suoni italiani.
E lo scrittore fu certamente mi italiano, che ricordava malamente
i versi e confondeva, scrivendo, le due lingue d' oltralpe. Mancano
i w. 0-10, 31-34; il v. 35 è invertito col seguente; il distico
27-28 è sdoppiato in quattro versi. Al v. X) segue subito il v. 4.'},
e poi alcune parole disordinate che sembrano appartenere, pel
senso, al v. 72 ; dopo, in quest' ordine, i vv. 7'.», 52-57, 44-45,
82, si -se.
Venendo a' rapp irti fra' manoscritti, si vede subito che il fram-
mento G (08 versi) ed i 124 versi ili J che appartengono al testo
originario, terminando insieme col verso che nella nostra edizione
ha il n. 14o, debbono esser derivati più o men direttamente da
- 43 -
una fonte comune, e formano un gruppo distinto. Abbiamo veduto
ch'essi hanno rispetto ad R le stesse deficienze; a G solamente
mancano in più altri versi. Di fronte a questo gruppo, cui s1 ag
giunge li. sta il solo R. con la novella intera.
Le lezioni confermano appieno questa classificazione. Si con-
fronti il distico 39-40 e l'altro 105-106 che in R è trasformato
da un errore per cui a sostituire il secondo verso caduto è in-
trodotto qui il v. 109. Si veggano inoltri' i vv. 7, 8, 12,14, 15,
17-ls, 4-1, 52, dove ad R si contrappone il gruppo «'..HI; e do-
ve il testo di II non sovviene stanno ancora ili fronte ad R i
codici (1-1 ne1 luoghi seguenti: v. 31, 32, 35, 46, 47, 48, 49,50
51, 77. 81, 83, 87. 92, 94, i»'.». 103, 107, 131; tacendo ili con-
cordanze minori.
Tuttavia la relazione Ira <i.l non è tale, che 1' uno possa 'Ieri
vare dall'altro, che anzi moli'' varianti li dividono ; cfr. per esem-
pio i w. In, 18, Z4, 36, 38, 42, 15, 85, 100, 102, 104, 108,
L36. Anehe no' distici citati, 39-40, 105-6 varianti interne con-
trastano coir armonia delle rime. .Ne' luoghi discordanti, s' accor
dano a volt.' RJ; vv. in. 18, 45, Imi; RG w. 85, 108: tacendo
anche i|ui ili affinità meno rilevanti. A volte <; sembra fondere
le lezioni di JR ; v. 38, 40, 12.
n non merita lungo discorso; basta notar la sua paren-
tela con GJ, e, quanto ad accorili particolari, al v. 18, GII; al
v. 2'.) -1 n ; il v. 21 tonile le varianti di (1.1. Un accorilo con R
al v. 55.
Sebbene completo, R non e privo d' errori e per questo, nella
parte comune con GJ, non ha spiccati prevaleu/a ili autorità. Ol-
tre le lacune che appariscono dal confronto con gli altri codici ,
sin dove questo e possibile, altre debbono essere nel seguito, delle
quali si farà cenno nelle note. Più d' una volta nella parte in cui
l; e unico si hanno, invece di due, tre versi rimanti Tra di loro :
Begno non dubbio di guasti che non è possibile sanare se non per
induzione (vv. 301 .:. •';<>'.» 11 ; cfr. anche i vv. 193-96). Alcuni fra i
versi che gli appartengono in particolare non vanno esenti da
un sospetto d'interpolazione, del .piale anche saia trattato nelle
note. Ma stampando il testo ho creduto di dovei' tutto ammette
1 1 -
re, perchè R oome il solo manoscritto che ^ contenga intera la no
velia, doveva esser posto a fondamento dell'edizione, nò sarebbe
teeita l' inconseguenza di abbandonarlo in principio, quando
poi si doveva finir col seguirlo ciecamente. D'altronde R è m-
dubbiamente più vicino all'originale, e gli altri mss. del gruppo
opposto non valgono che per uno; onde mi smi giovato di que
Bti soltanto per ristorare qualche lezione errata.
De' quattro mss. il Bartsch diede il seguente albero genealogico
nel quale a parer nostro vengono avvicinate più del dovere le varie
redazioni ■ î « - 1 gruppo j, derivate dal medesimo archetipo mutilo
R G J n
Io esprimerei i l'apporti" ilei codici a questo modo
X
«
R
- 4."» -
Resta ad esaminare il domnejaire uè' tre mss. che lo conten-
gono. Esso conta 64 versi in <;, 56 in J, 63 in I». <; si trova ad
aver due versi che mancano agli altri, e manca a sua volta, ri-
spetto a -il», del v. 31. Ben maggiori sono le lacune diJ: vv. 10,
^.ì-^'i;. 55-56. I vv. 53-54 si trovano in <i trasportati dopo il v. 58.
Ne' luoghi seguenti •' si discosta egualmente da GD, e questi ap-
pariscono, salvo lievi differenze, concordi: vv. 2, l, 7, 8, 12,
12, 18, 54, 62. Ma d'altronde <W> hanno fra loro moltissime 'li
scordanze che li mostrano appartenenti a famiglie diverse. Si con
frontino per esempio i distici 19-20, 4546; inoltre i vv. 3, 8, IO,
18, 21, 22, 23, 28, 29, 30, 32, 38, 39, 40, 42, 43, 14, 18, 52,
,->:>. ;,r,. 58, 59, 61, 63.
.1, malgrado rappresenti una redazione differente, ha maggiore
affinità con D: vv. 19, 20, 28, 30, 39, 14, 52. Talora anche di
scostandosene mostra una lontana parentela con quello: vv. 15-6.
Tuttavia qua e là siamo ricondotti a una fonte di tipo G; vv. 3,
16, 10, 13; cfr. anche v. 42 (que); di questi luoghi alcuni pos-
sono essere stali spontaneamente alterati.
Esprimendo schematicamente questi rapporti, avremo:
x
I)
TESTO
- 4!t -
l»ins un verdier de mur serat,
A l'ombra d'un laurier folliat,
Anzi contendre un papagay
De tnl i'.i'n. cuiu ye*us diray.
Denant min don' es vengutz
Kt aporta-! de lonh salutz,
Et ad dig : • dona . dieus voa sai ;
Méssatje so^ . no-us sapcha mal
si viis die per que soy .* i i > ^ i
Vengutz a vi» cu est jardi.
l.i> mielher cavayer <•' anc Ibs,
Ivi pus azaul ; ed pus jo^ os,
Antiphanor, Io filhs del rey,
Que basti per vos lo torney,
Vos tramel salu cent mil vetz
E pregauts per mi que Carnet? :
Car senes vos no poi guerir
Del mal d'amor qued fay languir,
R non /"( piò che Din; il • iato; J uergier; <! Dinç
u. uercer; n Denz n. verzier. L' Il Ad onbra; G loriet foliat; II fogliai; in B
tagliale le due ultime parole. 3 G Auci; il Adi; papagae. I -l<ì Daital raszon
i'i razon); G eus; li De I uos drae. 5J Dauanl h.; G Denan n. domn';
li Devant; donn' ; vengut. C J liienli ; G Ez aportas d. long; li El si li ap-
pori' un salut. 7 H E dis li: <• Ez aill dil; Il El a ilit: <i domna denj R dieu;
il donna die vii salv. 8 J Messatgiers ; G Messagers sui; -U; sia; n Mei
sum, ne vu sia ni. 9 J S'ieu; JG perqu'ieu (G aici; n manca; 1 * * * i
Aus uenguz in es i.; il manca. Il -I meilhor caualier; G mei Uos caualer; n Del
miglior cabbaler cum fus. là JG El plus cortes <■! plus i; H a/. mi; Il I>.'l più
. del pili gioius. 13 R Anli- 'e; .1 n Antifanor,
tempre; l! •' lilli; G lil: n fius a rej. 14 R istil I" i. Il principio del
illeggibile; il Barttch congetturò a pei G Q I D che per vus .i
n basti le t. 15 R Eus t. -. e : G satuz; l seni mil] ues; n Vus man salu cen
in. feiz. 16 G p. uos; .1 me; il Pre vuz |"-: mei elio ll'ameiz, 17 .1 sofrir; G
su f.-i r ; li Ch'il -~ .» ; 1 1 \ ii -- no pò soffrir. 18 li «mora quem; •! Lo mal; G Lo mais
d'a. lo f. I.; II Li mal d'a. le fa langhir. IO VI m m ano ad It.
.(I -
E innlli.v metgos no'ilh poi valer
Ma voa que la\ etz en poder,
\ i.s in |ioi!ri/ guerir si'ua platz ;
Sol que per mi li trametatz
Joya que'l pori per voatr'amor,
L'auretz estoH rie sa dolor.
Encara*ua die maya per ma li'
Per que'l tievetz ;i\ er merce ;
Car, si'ua play, morir voi per voa
M,-i\ que il'.-iiiti a viure .j<>\ os.'
Ab tali la 'luna li respOU
Ei a li dig : • Amie e don,
Sai ea \ engutz e que sercatz .'
19 •' limili metge; <ì tini II meges»; n E nul mez li pò v. 20 G impoder; n.
Me \uz, die ll'avez in poer. 21 •) podes; G garir; li Le poez garir se vuz
plaiz. 22 li Che p. mei le tramettais. 23 J Joilia que ilh G Joias ; IT Zoias
chel p. p. vottr' amur. 21 .1 atires; G Lor er gariz; n si II' aurez gari da se
doulur. 2.">-vs u mancano. 2.~> .1 Anqttaraus d. H may; il Ancor vtiz di per ma
lei. 20 J ilh; II che in dm.-/, a. merzei. 27 K siou^; .1 Que mais ama mo-
rir per vus; II III ama mieu.s per vus murir. 28 li per autre uieure; J Que d'a.
poderos; D Che per autre donne garir. Seguono nitri due versi: III a me mielz
murir per vus, Che per autre donne ettre poderus. 2'J. JG Ab aitan la dompna;
G il; J [li]; II Al tant la donna respont. 30 G A/, ali dit amiez ; J amicx ; II
E a ilit amich e doni. 31 G Cai ses; JG e]ni; n (1).
(I) Qui Incomincia II a sbizzarrirsi peggio die mai. Piuttosto che tener conto di varianti prive
d'ogni valore, e sparge disordinatamente nella confusione del lesto, riproduco secondo la trascrizione
del Wesselofski il poco clic rimane :
Vus est abaltuz in vani
32 Plus que nul lumie Cristian,
Ch' a ine donez uni tal consil
per moni mari. — Donna, ze non die ce die ne s vii ine
Ves mari mes e' autre ren,
.Me puis appres celleamen
Ainer celili die inor a mal
- 51 -
Trop me parete enrazonatz,
Car anc auzetz dir que rlones
Joya, ni que la prezentes
A degun home crestia. "
Ben vns es debatutz en va ;
Mas car vos wv tali prezentier,
Podetz a mi en sesi verdier
Parlar e dir so que volres,
Que no \ seretz forsatz ni pres. "
E peza*m per amor de vos,
fai' es i-m azauts ni tan pros,
• ai- m'auzetz dar aitai cosselh.'
'Dona, et ieu m'en meravelh
Car vos 'Ir bon cm- non l'amai/.' '*
'Papagay, be vuelh sapiatz
Qu'eu ani ilei mon lo pus aibit.'
32 Iti moli mi; .! pares. 33 .1 auzes ; Q auses ; J qu'ieu. 34 R Joyas :
G Çoia; .1 qu'ieu; K las; <i /•* parola presentes è preceduta da una ietterà cancel-
lata. 35 JQ negun; G crestian. 36 lì Trop; ii Mol; enuan. 37 G car us;
J plazentier; <• presenter. 38 .1 Ni os uengutz en est uergier; G Ni es ab mi
enest uerger. 39 .1 Mi pi»iles dir so qu'a uos platz; G Ben podez dir tot zo qeus
plaz; H uolretz. 40 J Que non seres mortz ni nafratz; Q Qe no serez inforzaz.
Il ii pesam. 42 H azaut; .1 Que tao cortes es; G Car es tan cortes. 43 JQ
Gar mi donas (<i donaz); •' conseilh; li conseill. 44 J me m.; <; I> pna
mi merveill. 45 <i Com; non ama/. 46 G Papagais; JG ben uoilfa (G uoill)
que sapchatz. 17 .1 ien; plus ardii/.: G mond; plus ardii.
Per vellre amor non agglc Ingan.
— Papogae, ir<> *.i blcn p;iric-r :
Be sa, se rosse cabbalier,
Be -.niri^ donna prlcr.
Donna de vua me nieravil, che de i :or no U'amez. Nel »n remembre <l<* Flur fi «ir Blaneeflar-
d' Itotle i ' .uhm Trlltan,
E ile Tlsbe co alai nerlna
aict pirleva Perannm I
- 52 -
• l'i s 08 cai, dona I 'Mo marit, '
• .ics del mani non ea razoa
Que sia dol tot podoroa ;
\ 1 1 1 .- 1 1 • In podetz a prezen,
Vpres devetz seladamen
Amar aquol que mor amari
Per vostr'amor, ses tol enjan.
• Papaga) , trop ea I eia parliera ,
Par me, si [bssetz cavayers,
Cjuc jen saupratz dona prejar.
Mas jes per tan non vuelh laissar
Qu'eu no*us deman per cai razo
De) far contr' aissel trassio,
A < ■ 1 1 \ ay plevida ma fé.'
' Dima , so viis dirai yeu be :
Amors non -ara sagramen,
La voluntats sec lo talen.'
• Vos be dizetz, si dieus m'ajul ;
Ab tan vos ai yrii doncx vencut,
Qu'eu ani inoli marit mav que l'i'
Que si' o-l moli, 'lo bona ie,
E Innli' aiiti-' amador no vnrlh.
l 'oin auzatz dir aitai erguelh
Qu'eu ani la on mos cors non es?'
-1S ,t qua! per dien; G cai per (leu; JG mon. 49 JG Vostre marit. 50 J
Quel; G Qel. ."1 JG Lui deues (G deuez) amar a prezen (G presen). 52 J
E pueis deues e. ; G E pois d. celadamenz. 53 •' Aissel; G Aucol. 54 G se-
nes inçan. 55-76 mancano u G. 55 R bel; J molt es gens. 50 J Be sai, si
foses caualiers. 57 .1 q. gerì saupras dompna pregar. 58 J ges p, so n. voilh;
li noni. 59 J Qn' ieu non d. 00 R contra luy : .1 failhiszo. 61 J ai dat
m'amor e me. 02 ■' aisous . 63 R amor; .1 garda. 04 R uoluntat; J uolon-
lat s. el t. 05 J Ben aues iliy. 00 .1 Doncx es uos ab ailan. 07 J S' om
ama ren per bona fé. 08 J Hieu ani mon marit mais que re. 09 J E nuilh
autre a. non uoilh. 70 R auzas; J Doncx coni anzes tan dir d' e. 71 J lai
o. mon cor; in lì le •prime parole son quasi cancellate.
- 53 -
'Dona, erguelh non die yeu ges;
Par iiif que*us vulhatz corrossar ;
Pero, si-iii voletz i 'scoiai',
Ja per razo do*us defendretz
D'Antiphanor, que non l'ametz.
Be*us die que dreitz es veramen
Que devetz amar a prezen
Votre marit maya e' autra re ;
Apres devetz aver merce
li'aiss.'l que min' per vostr' amor.
Tane viis membra de Blancaflor
(" anici Floris -'v tot enjan,
Ni d'Izeul que amel Tristan,
Ni de Tisbes i-ant al pertus
Anet parlar ali Piramus,
• "ain' Qulhs hom qo l'en poc cardar :
I-in lieys v./- podetz reniirar.
('al prò v auretz, s' Antiphanor
Languis per vostr' amor ni mor Î
Lo dieus d' amor e sas vertutz
s,-i_\ que voti rendran mais salutz ;
E1 3 eu metej s, que dezir n' a\
7:; -I mi q. uoiJh i'/. Ti .i M i-: <5 ■' per aisso; R noi. Tt ; H
ames. 77 li Ben J. Seguono parole illeggibili, che il Bai ■'• • ■ el es
dreitz. Aneht , fino alla metà del v. 81, /,< ancellata; mi
attengo qui alla trascrizione fatlani E l> , quando le condizioni erano »ii-
gliori. veramens; <; diz qe <lii/. 78 '■ presen. 7'.' li maiy. sii .1 deues.
si I! li- Ii.\ i|ni: <i De cel. 82 R , Bartsch:
. .1 Blanqun fior; <• Blanceflor. 83 J( G inçan. sii;
questo tagliato. •' [zeus com; i> fsetil q\ 85 H Tih
Bartsch\ >mi dopo il ni la scrittura Piramus nel
.1 Tibes '-"Hi: G Tisbe q. a. peitus. 80 JQ a; •' Priamus. s7 Q unir: .il poi; 1!
non p, tornar. 88 Q lei J podes. 89 .1 n'aures 'A.;G p. ■'■ Ba A. 9J li
dieu; las; <• deus; •' sa uertut. 92 •' vos en rendra mata Balutj Q vos en r.
malas saluz. 93 -i hieu mezeis qu'en redirai; '• Et eu mete* qe en dirai.
- 54 -
I le voi i"t l" mal que poiraj ,
S' en brou fi1 ora no ni' autrej atz
Que, -'i'l v oa ama, voa r amatz.'
■ Papagaj , si dîeua m'acoaaelh,
Encara*ua ilio que^m meravelh
Car voa tan geni sabetz parlar ;
E pueia t.'int me volete prejar
li ^.ntiphanor, voatre aenhor,
li ii voa reelam pel dieu d' amor,
Vnatz voa en, que trop estatz ;
E pregui voa que li digatz
Qu' i ii in' aeordaray en breumen
Ivilli mostraraj tol mon talen.
Kt si t;mi es que*m vuelh' amai-,
1 »' aitali lo podetz conortar
Que pela vostres precx l'amaray ,
E ja de luv ih i-in partirà^ ;
E portatz li*ra aquest anel,
Qu' el mon non cug n' ava pus bel,
Ah sest cordo ab aur obrat,
Que*l prengua per ma amistat.
E gardatz vos que non estetz:
En sest verdier m' atrobaretz.'
Ali fan In papagays respon :
'Dona, fay s'el, si dieus be*m don,
Mot a aisi azaut presen ,
94 JG Tot lo mal de uos; ,T quieu sabrai; G qe salirai. 95 J S'in; G [in'].
96 .' que uos. 97 G se; R dieu; G deus; JG mi conseilli (G conseill). 98 J An-
quar uos die. 99 J gerì; G zent; R [sabetz] J sabes. 100 G Mais pois; R pus;
J tan; JG mi; G pregar R. 102 R Luy reclami; G Eus reclamaz p. deu. 103 J G
uos en] a lui; R qu'ieus do comiatz. 101 JG pi'ec; G uos ben; J quel me d. 105 J
ieu mi a. [en]; G Q'eu men aeordaria b. 100 R manca; G A mostrarli. 107 G
tan; qel uoilla; J quel uoilh. 10S J aisso. 109 JG per; G nostre prec l'ame-
rai; R sta in luogo del v. JOC>. 110. JG iamais; G non; R manca. 111-122
sì trovano solamente in H.
Kî yen portar l'ay veramen ;
E car avetz tan bel esgart,
Saludar 1" av ile vostra part.
Dona, sei dieus que un mentic
\ ■ is di. d' Antiphanor amie,
Jvm lays vezer e' abans d' un .-in
1/ araes de cor ses u>\ enjan.1
Ali tan partorì lor parlaraen.
De layns, car .-i<- gran talen
1).' l.'i don ' e 'l' Antiphanor.
Del vergier joyos ses demor
\u-fj. ;i son senhor es vengutz,
E corata-! com s' es captengutz:
Premeiramen 1' a comensal
Lo gran pretz e la gran beutal
De la dorana, si m' ajul fes ;
I'". il' aisso a l'.-iit que cortes.
Pueys li a dig : ' Senher, jamays
Non er uoiritz tata papagays
123 G eel deus; R dieu. 124 -I l'I'!: G don*. 125-130 sono in R; JG
hanno invece i du nti :
.1 Lo papagai (G -s) fo moli
I ■■/) i"i del uergier cochos (G nerçier coitos).
Fra' ov. 127-8 dea' estere una lacuna; c/r. le note.
[30. li Ione demor. 131 •' Danan -.: G Denan *.: 1« uengut. 132 ■' mo-
strailb; G monstre il; li co; captengut. l33-3<$ mancano «</ li. 133 <; preme-
rament; comenzat. 134 G granz; granz beltat. 135 J dompna. i
auzo; J fea moli que. 131 B E pueyg l'a.; G Poia li ;i dit; li iam»y. 138 J
Duilhs; <i Dui; H papaj
- 56 -
lìue L'in digua per son senhor
< uni \ cu ,-i\ » 1 1 •_* per \ osti*1 amor.
I lina '■! \ erdier ni' ane> suau :
\m \ olia qu1 ''" ni"n esclau
Se pogues metre nulha rei ;
M;i\ \ olri ' esser soutz que pres.
La dona trobey veramen,
De vostr'amor li li prezen,
!•; trame! vos aquesl anel,
Qu' fi muli min cug n'aj a pus bel,
\li sesl cordo .-ili aur obrat,
Que'l prendatz per sa ami stai ;
M prendetz lo per su' amor,
Que dieus vini ilo In' et honor.
Mas jes no sa> per cai razo
.Xml prenguam sonh ni ochaizo
Que puscam el verdier intrar ;
.ics un vos 'Mi say cosselhar.
Mas veu nietrai foc a la tor
El ;il solier, . per vostr1 ninni- ;
E can In focs er abrassatz,
Poiretz intrar per esperatz
Ah vostra dona domneyar,
E lieys tener et abrassar.1
Antiphanor respon breumen :
'Tornatz premier al parlamen
A lieys parlar, si a vos platz,
Doncx scvtas razos li mostratz.'
Ah tan parto s' en ambeduy.
Mot es lo papagays vas luy
133 J Que fassa tan; G Qe faza tant. 140 J fag; G l'ai. Ili Qui inco-
mincia R ad essere unico. 142 in'irav. 143 Le due ultime parole sono sbia-
dite; così il lì e le due alti, ne lettere di prezen al o. liti e ochaizo al i\ 1~>L
150 s' a. 151 la su. 152 dieu. 150 No non cosselhar say. 159 l'oc
1(38 abeduv.
Fizels amicx e ses enjan.
Vas Io verdier s' en vay volan,
La 'luna trobel sotz .1. pi;
Saludel 1" en son lati :
• Dona, aj'sel dieus que vos fetz
\'ns done so que mays voletz,
E-us gar de mal e d' encombrier,
Sol que lo vostre cavayer
Yulliatz Minai- tali lialnieii
< '«un el fay vos ses falhimen. '
• Papagay, si tn ' accosselh dieus,
Si trastots lo mons era mieus
'l'ot lo daria de bon cor
Per l' amistà! d' Antiphanor.
.Mas aquesi verdier es trop claus,
E las gardas non an repaus :
Devo velhar tro al mati,
Car lunlia miei: non prendo ti. '
• l Iona, i' no y sabetz cosselh ! '
■ leu no. e no in' en meravelh
Se vos cosselh non y sabetz. '
si fas, dona ; ar in' entendetz.
leu tornaray vas ino senhor
( " ;iv laissal COSSÌros '1' ;iinor
Encar' a aueg l'en menaray,
Al pe del mur l'eli : i ■ ! 1 1 1 : ( \ .
l-'uoe grezesc portaray, si-us play
Ali que iiietr;i\ fuoc al cloquier
Et a la top et al 8olier ;
l''. cani lo l'oe.v sera enpres,
Uh v corran tug demanes,
Quel voldran per fori escantir;
172 leu. 17:; sei; criet. ITI do may. 176 quel \. 180 Irastot.
181 muli. 199
- 58 -
i voè no metatz Ione albir,
Peasata de luj e faitz l intrar,
Adonox poiretz ab luv parlar,
E b1 aquesl cossellis vos par boa,
Al» mal -rat que n';i\,rl gilos,
Poiretz ab luv aver delieg
E jazer ab el eri un lieg. '
Vb tari la 'luna ditz : ' platz me,
E< anatz I" querre desse. ' *
Ab tari l<> papagays \a\ s' eri
\ as Antiphanor, que I' aten.
Sobre son rasai l'a trobal
Di' sdii garnimen adobal ;
Kliu el ausberg viest sobre si *
E caussas de fer atressi.
Sos esperos d' aur tene caussatz .
S'espaza sencha a son latz.
El papagays li vene denan :
'Senher, fay s'el, al mieu senblan, '
A nueg veiretz aisela re
Que mar amata per bona lo.
Vostra dona'us manda per mi
C anetz vas lieys tot dreg caini ;
Viatz, e cavalguatz suau, "-'
Lunlis hom no sapcha vostr1 esclau,
Ni lunha res ses devinar
No puesca saber vostr' alar.
Mas foc grezesc nos fay mestier
En ola de fer o d' assier; ìv
Jeu l'enpenray entre rnos pes.
Faitz nifi liurar tost et a les. '
Antiphanor isnelamen
Li-n fay liurar a son talen.
Tan cavalguero per viguor ,x
205 cosselh. 206 aia. 211 papagay. 210 papagay. 232 liem-ar.
- 5!» -
Que la Queg (oro prop la tor.
Las gaitas sono ped cloquier,
I.' una va. l'autra s' ni enquier ;
Devo velhar tro al mali.
Car lunha nueg no prendran li.
Al) tau Antiphanor dissen,
Kt a pauzal son garnimen
De pres son cavai, tol entier,
Mas solameli son bran 'I' assier
Que volo portar senh a son latz,
I*] no'l es ops, d'aisso-m crezatz,
«'ai- so temens'ab cor segur
Es vengutz tro al pi' ilei unir.
El papagays 'Ir 1' autra part
lntr' ci verdier, <•,,)■ trop es tart
De metre ine, car so senhor
Laissei tol sol senes paor.
Denari la 'luna \vuc premieri;
Aisi cninc si fos espan iers,
S' anct pauzar denan sos pes ,5:>
E j »i m ■ \ s 1" a dig r r j t cu apres :
• Dona, un» senhor ay I aissai
Al portai major dezarmat.
Pessatz de luy e faitz 1" intrar,
Qu' icu vauc lo castcl abrandar. ' ili0
■ PapagaA , per mon essien,
leu fag n" a^ tol r assemamen ;
Las claus del castel ai pres mi :
\ ce la^ V'OS slis ;|i|l|cv| COSSÌ,
\iKit/ metre foc al eastel. '
Aiic 1 1 1 .- 1 \ no cug per lunli auzel
Fos aitan ricx faitz assajatz
('oiu aquesl er, ni comensatz.
• a l'aotra. 249 papagay. 253-54 -er: -er. 262 Ion manca.
267 tan.
- 60 -
El papagayâ seladamen
no
De laa la tor prop del terrier
Lor \ :t.\ metre foc al --> >i n -r.
I»'1 vas UH- locx s' B8 emprea ;
El crita se U-\ a demanes :
' A foc ' ! crido per cominal.
E la dona vene al portai,
El a uberi ses comiat
!)<• las gachas e mal lor grat.
tatiphanor intr'el vergier;
Ed -l- lieg de jotz -I- laurier
Ali su ilmiii s' anel colcar,
E luiilis honi non o sap contar
Lo gaug que fo entre lor dos,
Cals j»iis l'ii del autre joyos.
Vejaire lor es, so m' es vis, M5
(" aquo sin lur paradis ;
Grans gaugz es entre lor mesclatz.
El focs fo tost azamortatz,
Al» vinagre*l fan escantir;
El papagays cuget morir 5n0
Tal paor ac de son senhor.
Al enans que poc vene vas lor
Et es se prop del lieg pauzatz,
Et ac lor dig: ' Car no-us levatz?
Anatz sus e departetz vos ÌK
Qued focs es mortz tot ad estros.'
Antiphanor ab cor marrit
S' es levat, e prueys li a dit:
'Dona, que*m voldretz vos mandar?'
' Senher, que-us vulhatz esforsar 30°
De far que pros [tan can poiretz
269 papagay. 271 ci-it. 277 E. 288 l'oc; aJzamottatz. 290 papa-
gay. 293 E. 294 E. 296 foc. 298 l'a.
- (il -
En est seglo] tan cant viuretz.'
Fay se vas el, l>aiza-l tres vetz,
Àntiphanor s'en torna leu
Coni tilh^ de rcv ab son corrieu.
So dis a'Arnautz il»' Carcasses ,
Que precx a faitz per mantas res
E per los maritz castiar
Que volo lors raolhers garar,
Que las laisso a lor pes anar .
que niay valra,
E ja degus no y falhira.
302 uieurelz. 305 fllh.
- »»•.
Continuatone di J (dopo il v, 1 1<>).
Que la dompna ai gazanhada.
Aims ades està vegada
Parlar a lieis en sei vergier
Tot mantener! ses (iestorbier.
Lo cavalieri s' en es anatz,
Dins el vergier, el es intratz
El es se trobatz ab la dona ;
E quan In vi, el ella*] sona
Ei asetel lo , insta lei.
' Senher, be*m platz, cani hieu vos vei
Vengul aissi en est vergier;
Gran tems ha, non vi cavalièr
Tati mi plagues, si dieus mi sai.
Per vostre papagai vos vai,
Car hieu vos vei tan plazentier ;
Pero, quar es tan liei parlier
E per In lic (jiie-m di de vos,
E quar es tan liei e tan pros,
Farai vostro comandamen ;
Ah sol, que vos premeiramen
Me fassas covinoli atal
Que nio siatz fin e lejal
E que me ames de bon cor.'
'Dona, be i?os die, s'ieu non mor,
Qu'ieu vos amarai lejalmen,
Que ja no-iis farai failhimen.
E si voles nuilh eovinen
Qu'ieu vos Cassa, ni sagramen,
1 (vos). 5 caualier. 22 Quem. 24 beus.
tati; papagai.
- 63 -
Hieu lo-us farai moi volontiers ;
Que anc non fo nuilhs cavaliers
Que tal sagrameli fezes mai
l'uni hieu farai, si a vos piai. '
'Senhor, do-us li" tengatz a mal,
Que motz homes son cui uon cai,
Mas que penson de galiar ;
Per qu'iew me volria gardar.
Mas ira ja non u die per vos,
Que es cortes savis e pros,
Kt ni vos mi voilh hieu fizar,
Per vostras volontatz a far ;
Et aissi-m met ses tot jurar.'
Ali tan si prendon a baiszar,
E feiron 'li' lor solatz tan
Com lui- l'uii bo, ni'ls agradec.
Al. tan lo papagais parec
E ilis: 'Senher, anas von en,
Que vengutz es, mon essien,
Lo maritz il'' aquesta dona,
Qu'iew 1" vei qu' a 1;« porta sona.'
El cavalier " pres comjal
De la dompna et a-ilh pregai
Que fila li lassa salici'
L'ora ijiii'-illi venra a plazer,
Com puesqua tornar a l'amor
Que tant li es toquad1 al cor.
Kt ella dis : ' Ben o farai,
E breumen vos li<> mandarai.'
• Ma dompna, a dieu vos coman,
E prec vos, que 1" mieu don man.
a: i inca. 38 Que uos es. 12 aitan. 43 aitan. 46 ai
,,, ,) :ri, ,,.|. qUOi r,j a manca. 63 Qu'. 54 onra.
- »i4 -
Pel in.'tnt inni mi oblides.
Et ella-1 ilis : ■ Non farai gei
\ii^ pensarai adea de voa
Cono vofl tornea aisai vea noe.
6i maris.
- 6â -
Domnejaire.
Eu amanz jur e promet vos,
Bella dompn' ab diz amoros,
( " a far tol vostres mandamenz
Serai tostems hobedienz;
E serai vos tostems aitals, 5
Fins e francs, hurails e lejals.
E jur vos iviis promel celat,
E que penrai tostems en gral
Lo ben oi mal qual q m fassatz,
E que tol o penrai en patz.
E promet vos que votre dan
Destolrai, e trai enan
Votre ben ab tol mon poder,
E farai grazir e salici'
Als plus conoissenz vostre pres.
E jur vos e promel apres
Que ja aitali eo'in siat/. (ina,
\o-m fassa plazers ni aizina
En autra pari mon cor camjar,
Ni de vos partir ni loignar, 50
Ni ja si tot inr-ii solviatz
Me plassa nuill' autr' amistatz.
1 i> amai); ■' El hieu uos amans iur e promet; I) a vos. 2 .' A uos dona
a l'amoros dret. '■'> GJ De far tot uosti*' : .1 mandamen. l .1 E s. ; G tot t.;
I» toz t.: .1 hobedien. 5-6 solamente in G. 5 toz t. 7 >'< eos; .1 e p. selatz
s G q'eo, .' E]; D prenda; G toz t.; J empatz. 9 ci el; G fazaz. in .1 man
■ i : li prenda; G q'eu; empaz. 11 <; danz. 1"-' -i Destorbarai; <; Distorai
enanz. L3 •' 1"é a; G a toz. li «i Bauer. 15 1» prez. 1<> li eua p,
17 li tant e. Bias. -i ia itan. 18 I» N ■ ■ n f. piacerà; <'< .Ni faichaz plazer; -i Nom
hi i. 19 I' AI: G N 'il en a. p. caini ir. 20 G Mmi r.<v ni partir ni In
mai-. 21 <; Eie tut uos; -i Neis; ni" 8.; I> souiatz. 22 G Nom plaz auer altr';
' ("aii'- nmii plao nuilb*.
9
- 66 -
E jur vu> que vostres arnica
Amarai, e aerai enics
A ti'/ loa vostrea malvolenz,
E1 er un' tota lor dana plasenz.
l'i b'o volez plufl oncarzir
Si cono sabetz pensar ni dir,
Lo jur al vostre entendemen ;
E jur vo8 •» premeiramen
Per la fin' amistal que'us pori
i E non o puesc jurar plus fori »,
E per los avangelis san/
Que l'cs Marcx Matieus e Joanz
E sans Luca avangelista,
Que per paraula ni per vista.
Ni per onrar, ni per servir,
Ni per ren c'autra*m sapcha dir,
No*m patirai de vostr'amistat,
Neis si iiic-ii donavatz comjat.
E vns, dompna, prometetz me
Qu'db frane cor et ab lial fé
Mi retengatz per servidor,
E 'latz mi baizan vostr' amor;
E levatz mi pueis de ginoillos,
"23-20 mancano ai. 23 G qe toz uotre amie. 24 G sera ennic 2~>
G la. 20 D clan; G tuz 1. danz plaisenz. 27 G se p. o uolez searzir; J E sim
uoletz anquar plus dir. 28 G Sius; D con; ne: J sabretz. 29 D E iur BOS
ab uostr'; J E iur al; G a. 30 G o]primieranamen. 31 manca a G. 32 G
Qe uolo pos; J Que nous pogra. 33 G euangelis sain; J sains. 34 G fez Marc
Matheus e Ioan; D Mars. 35 G sanz 1. eu. ; J sains Lucx eu. 38 G Qe ai-
tram sapha far ni d. ; J Ni per als quem sapchatz d. 39 D partirai ; G Jam
parta. 40 I) Netis si uos mendauas; G Ne se; J sim. 41 G donna; .) dona;
D prometes. 42 I) [Qù]; J Que de boti cor; D lials; J et] ab leial. 43 D Quem
retengas. 44 D das; G Era don en baisan uostra a.; J donas. A~> 1> leuas mi
pos pueis denan uos J E leuar m' ai pueis denan uos; G Pos leuaz me de gen.
(>ii eu ai estai denan vos.
E voill <-';iz aquesi covinen
siau fermansas e guiren
Bona fes e lials amors,
Enseingnamenz, pretz e valors,
Gais desirs e fis pessamenz
Cubertz e selatz e temenz,
E volers complitz de boti grat,
E loingnamenz d' autr1 amistat,
E gais sabers e conoissenza
Que*ns don ardimela e temenza ;
remenza*ns don del joi selar
Kt ardimen de ben amar.
Et ieu don vos » * i» perdeutor
Moli cor per maialameli d'amor,
Quel dona poder d'aiso far
Que vos i volres comandar ;
Qu'ieu sap qu'el vos atendra be
Ini so que la boca*us cove,
Dompna, per aquesi san/ avangelis.
16 i> i >n ora eslauc de ginoillos; J On ai e. de genoilhos; G Un. 17 1) as;
G qe a a. conuinenz; J couen. 48 G Sia fermanza e ghirenz; J Sion fermanse'e
n. 19 I leials; G fé e lial amor. 50 G Ensegnanien; valor. 51 GJ
Gai desir (J deszir) e fin; G pensamenz; J pensameli. 52 D selanz ; J Cubert e
selat e tcmen; Q Celai e cubert e temen. 53 Q aoliai oomplir; J uoler oomplir.
juesto verta t il i io trasportali dopo il v. 58. 51 G luniamen;
.1 lonhamen de maluestat. 55-56 mancano a J. 55 I» guaie; G Fina sabor.
56 I» -oz; G Qem d. ardi nz. 51 I» -nz; G Temenzam d. de ben e.; J Lo ioi
ilei dieu d'i r s. 58 I» ardimene; G Cor ard.j J fin amar. 50 G E lai> uos
•■il lui p. : .1 El hiea don uos per auszidor. 66 G mandamene. <ìi G Qei do-
ni-/; aizo; •' de so. 62 l> sii ; <i uorez, .' so quo li uolretz, 63 I» Qu'el; <;
i ere; DG ben. 64 '< zo; I> conen; G conuen. 65 <i Donna; saio/.
euangeli; .1 •Iona; sains.
NOTE
NOTE METRICHE
I. .IATO
Testo della novella
Lasciando in disparte i casi ne' quali la vocale finale è tonica, abbiamo vari
esempi di jato : v. si que a : v. 165 si a; v. 187 Bona e; v. 218 sencha a;
v. 277 E ti; v. 293 E es; v. 294 Eoe. In questi ultimi il jato si evita facilmente,
leggendo et] in quanto a si, ne' testi provenzali suol pi evalere l'elisione, ma
non inaurano esempi di jato (A. Pleines, Hiat una Elision im Prov., Mar-
burg 18sr>, pag. ti.'i sgg. Voi. L delle Ausi/alien inui Abharutlungen dello Sten-
8BL). Nello stesso testo abbiamo il si eliso altre volte: vv. 89, 95, 96. Regolare
è il jato tro al, vv. 185, 239, 248 : ma va notato, perebè d'altra parte non man-
cano a qualche testo provenzale esempi ili sinalefe con un a seguente : cfr.
Bartsch, Derikm., 56, 29 : tro^jiqui.
Altrove bisogna restituire il jato per aver la misura del verso ; v. Ili ma
amistat; v. tr.o sa amtstat; v. 172 la en : v. 17:J dona aisel; v. 298 li a.
Infatti 1' elisione ili li dativo atono del pronome di solito non è consentita in
provenzale (Pleines, <>i sg.); essa ha luogo tuttavia al v. 1H7 R Va; dove si
restituisce il jato sopprimendo la congiunzione in capo al verso, secondo J.
In quanto al ua_e del v. 238, una facile correzione al verso evita questa
licenza: V "un va, l'autra s'eri enquier. il Bartsch soppresse invece l'è».
Alla sinalefe è preferita quasi sempre l'elisione. Caduta della vocale limi-
le : v. 68 Si ri : v. Ili VOlrV rssrr.
Continuazione di J.
che l'autore qui sia un altro, appare -ululo dal sovrabbondante uso del
jato che ■ > già si trova nel testo o va restituito per la misura del verso. Nel
primo caso abbiamo: v. l dompna [vos] al; v. 23 me ames; v. 32 si a : v. 38
- 7'J -
i 50 que o; v. BS dompna et ; \. 56 li es ; \. ■";» dompna a ;
« ai ,,i/ oblides, Nei Mcondo: \ IO rf[e] aquesta \ \. BS Qu[«] site.
/> </ //( /i e./ a i /■ f.
Solo esempio offerto dal cod. i> è al \. IO: prenda en (cfr, Q perirai en)\
e per 0)6230 ili 1) bì lasciano facilmente correggerei rari casi dijato negli altri
endici. v. 98 G '.'"■■ nitrii; \. 't~ .i '/"!-•! n:; \. is <; fermanxa e.
Ma concorde in due codici è il jato al \ . 35 : Luca avangeltsta. Volendolo
sopprimere, bì può ricorrere alla congettura V avangeltsta (J Lucio),
in esempio regolare dijato, qualunque si voglia seguire delle tre lezioni
differenti, è ni v, 18: ni atzina; poiché la congiunzione ni, come il pronome
'/"', min ammette elisione in provenzale. Del contrario tuttavia non mancano
esempi. Cfr. Bartsch, Denhm., 215, 5 nt^alegrena ; Pleines, 07-8.
II. DIERESI E SINERES1
Testo della novella
Sto è sempre bisillabo (v. 50, 286). Secondo le Leys , malgrado la regola
generale per cui i tonico seguilo da vocale conta come sillaba, le voci sia, sias,
podon esser d'una sillaba, exceptat en fi de verset » (I, 46). Tuttavia
aggiungono : « Et aisso sostenem per figura quar es acostumat ; pero mas voi
can degus d' aquestz re no perd ».
Sempre bisillabica è anche qui la desinenza -'ni. Il monosillabismo , di cui
lo Chabaneau ha indicato esempi già nel Bocci (vv. 60, 70, 188), era frequen-
te nel XIII e più nel XIV secolo. Cfr. P. Lienig , Die Grai limatili der pro-
venzalischen Leys d' Arnors, verglichen mit der Sprache der Troubadours,
Breslau 1890, p. 113.
La dieresi è sempre regolare, secondo l'uso provenzale: v. 35 crestta ;
v. 46 sapïatz (Leys I, 46); v. 60 trassïo; v. 173 crïet (v. le note); v. 177
Imi ,, ic a : v. 225 rmtz ; v. 260 essten ; v. 277 comïat : v. 309 castïar. Il comjuAv.
di R (v. 103) non è confermato da J. Su comjal v. Meyer, in Romania, II. 435 :
e le note seguenti sulla cont. di J e sul domnejaire.
- 73 -
Continuazione di J.
Al v. 22 non basta la dieresi s'iatz a raggiungere il dovuto numero di sil-
labe. V. le noti'. Nessun caso di sineresi irregolare. Al v. "»1 soltanto comjat,
che sarebbe trisillabo sopprimendo il verbo " : ma un probabile parallelismo
con la costruzione verbale del v. seguente e" induce a crederlo dell' originale :
" pres — a pregat.
DO m a f j a i i- e.
Alla lezione di •' Et serai (v. h) è preferibile l'altra serai, ebe salva hn-
bediens da una licenza trisillabica. Regolari i \. 21 solvïatz; \. 12 /mi; v. 49
imis : invece al \. 19 camjar. Le Leys hanno le due forme cambiar e rn,,i-
iijiir (I. 16-8). V. 10 comjat (•' com'iat).
V. :: i /or;,i\ è rome di regola bisillabo: ma lo si può trovare a volte mo-
nosillabo : Breviari d' Arnors \. 12726.
FLESSIONE IN RIMA
I. P I. ESSIO N E N O.M INA LE
I 1 -in DELLA NOVELLA
Vv. 77-8 i; : veramens : prrzcu ■'• subito roiTolto leiiL'endo -c/i .• -c/( come
GJ. La stessa correzione vale pei- G ai vv. .",(-:.'.
il imi h Aiiti|ihanor non ha flessione; \\. 89-90: Anttphanor: uni,- r
GJ — .\i vv. [03-4 1! COmjatZ : dlgatZ, il plurale COmjatZ in luogo del sui-"-
lare é una licenza introdotta pei- la rima; invece <■■! hanno altra lezione.
v. 121-2 esgartz: partz si lascia correggere facilmente in esgart : part —
Vv. 131-2 i; vengut: captengul | i. sing.J apparisce regolar nte in <;.i
-,<>-; -ni;. Cosi la rima ai w. 137-8 jamay : papagay li (noni. Bing.) è in GJ
con -s. il quale va restituito alle rime dei vv. 253- 1 premier[s] : esparvier[s].
Arditi in J u. 18) va letto ardii obi. sing.). munì.
io
, I
Continuazione di J .
\\ 15-6, i ii vero errore Bolla inni fra uo obliquo singolare ed un nomi-
nativo, anche singolare: plasentter (obi.): parlier[s] (nom.).
li a m a §j a i r e.
\ \ . :>- 1 .i h. /'. tot rostri1 mandamen : hobedlen. Leggendo nel primo verso,
eoo D, il pi. i"'i sing., si può ricostruire ia flessione regolare della seconda
rima. Lo stesso si dica dei \\. 17-8 J coven: sagramen. vi \\. 5i-2 va letto
pensamenti] : temen[s].
Più sovente la declinazione è scorretta in Q. Al v. ~s~' amistatz (: soldati
come obi. sing. dipendente da aver, nienti'»' nominativo nelle lezioni di DJ;
w. :;:;-i sain (ohi. pi.); Juan moni, sing.) ; vv. 49-50 amor: valor (nom. sing.);
\\. :<i-j pensamenz : temen (nom. sing.). Tutti casi di ben Tacile corre-
zione.
FLESSI 0 N E V E K B A LE
Testo della novella
Lasciando da parte qualche varietà ortografica come colretz : pres di R
w. 39-40, noterò soltanto vv. 173-4 criet: voletz; che il Bartsch ha modifi-
cato in crietz. Ma per non ricorrere a questa singoiar forma di perfetto , ho
creduto congetturare un possibile fetz, che pel significato poteva facilmente es-
sere sostituito, nella mente di un copista, da crietz.
EIM E
Testo della novella
V. 89. E da ricordare che Antiphanor (: mor) ha vocale aperta. Gfr. .\7-
canor, Heclor, Timor. Accanto a questa, il provenzale ha V altra serie in or
Almassor. Per la varia (inalila dell' -0- in Elionor , v. j-rl i esempi in E. Ekd-
MANNSDOBFFER, op. Cit-, p. 6i-5.
Continuazione di J.
Rima imperfetta di e con e: w. 9-10 lei: pei.
Rima imperfetta ili o con o: w. 55-6 amor; cor.
Do m a ej a i r >-.
Vv. 33-4 .' sains: Ioans , i; sain: Toan. Non è che una varietà grafica.
OSSERVAZIONI AL TESTO DELLA NOVELLA
\ . 8. sulla questione se i nomi in -atge abbiano o non abbiano flessione .
i pareri sono divisi, ai Reimann [Die Decltnatlon der Substanttva und Adje-
ctini in der Langue d'Oc bis zum Jahre 1300 , Danzig, 1882, p. 55 sgg.)
parve che I' uso fosse oscillante nel miglior periodo della lirica provenzale, men-
tre nel secolo XIII cominciò a prevalere la forma con -s flessionale. Invece il
Loos {Die Nomlnalftedon Im Provenzaltschen , Marburg, l s^ i Voi. XVI
delle Ausgaben und Abftandlungen dello Slengel — pag. 24 sgg.) venne alla
conclusione che i nomi uscenti in -atge non conobbero la declinazione innanzi
la seconda metà del secolo XIII. V. anche Stjmming, /:. de li., p. 239.
v. ii. La lezione a per >li R è illeggibile, ma assicurata dalla cong. <• che
conincia il v. seguente. Mi sembra questa un'alterazione facilmente avvenuta
del testo originario cui corrisponderebbe la lezione di JG : in questa si allude
alla galanteria di Antii'anor come a cosa già nota alla donna , si die il pap-
pagallo vien quasi a chiederne la ricompensa.
V. 19-24. l'articolari alla famiglia G.in, questi versi non tanno che ripetere
il pensiero espresso innanzi ; ma come la ripetizione è pur svolta in altra forma
e con nuovi particolari, sarebbe azzardato il sospetto di un' interpolazione. Forse
appunto il tatto che i versi in questione si aggiravano intorno allo stesso con-
cetto dei vv. precedenti avrà contribuito a farli trascurare o dimenticare.
V. 25. Sulla forma tnay caratteristica di R, cfr. Schultz , Die Btefe des
Trobadors Raimbaut de Vaquelras an Bonifaz 1 Markgrafen con Afonfer-
rat , Halle, 1893, p. 78, dove sono esaminati vari casi, ne' quali 1' -s finale
dev' essersi attenuato (ino a scomparire.
V. 28. La lezione di R è qui superiore all'altra di J, per il contrasto del
vivere e del morire che in questa viene a mancare.
V. 30. Che la flessione del vocativo in Provenzale sia presto caduta in di-
suso , mostrò il Beyer in Zeltschrlfl fur rom. Pliil. VII 43 sgg. Erroneo è.
-s in GJ , tanto più avendo riguardo al don che gli tien dietro.
V. 30. Il Galvani, sulle orme del Raynouard, legge via per va, e intende
'troppo vi siete affannato per via'; ina, .senza volerlo affermare, sospetta che
debba essere 'in vano1. Era facile corregger quell'errore.
V. 18. Il Raynouard traduce: 'El vous quel, dame?' mentre si tratta evi-
dentemente del verbo caler : tuttavia il verse rimane sempre . grammatical-
mente, un ]»>' oscuro.
V. 50 ; cfr. anche v. ~.i : par me. La regola che il pronome aleno debba
esser collocato innanzi al verbo, se dapprima venne meglio osservata, ebbe poi
nei trovatori ogni maniera d'eccezioni; si che l'use è sempre oscillante, e
la libertà maggiore ili quella concessa al francése; pel quale eiv. Tobler, in
Gòlthìfler Gelehrte Anzeigen, 1875, p. 34. Molti esempi di questa libertà sono
raccolti dall' Elsner [Ueber Form und Verwendung des Personalpronomens
im Altprovenzalischen, Kiel, 1886, p. 25 sgg.), il quale aggiunge: «Die von
Mori' l'in- das Ailfranzosische zuriickgewiesene Ansichl Kriigers dass die ionie
sen Partikeln durch dio Nachstelluug eine Betonung erhielten, ist fiir das Pro-
venzalische noch viel weniger anzunehmen. Solite letzteres der Fall sein , se
miisste Trennung vom Verb stattfinden , nur se alleili Romite ja fiir die erste
und zweite Person das schwere Pronomen Ausdruck finden» '). Osserverò sni-
tanto ehe il nostro testo ha al v. 208 un me sintatticamente alone e meliaca-
mente accentato : cfr. il domnejaire, \. 1.
A'. 64. 'Il proposito, la volontà, segue l'inclinazione dell' animi': hi altri
termini : si vuole quello che piace.
V. '.).'. Verrebbe Tatto di leggere «e sa verini » con « mala suini ■> se-
condo -i (cfr. aknu r de Maroill Domna gemer, v. 41: si'us piai, renjelz
me ma salut). Ma verlutz sia, oltre che in K, in »;, e sarebbe un arbitrio al-
lontanarsene ; almeno conservando il sas di G (J sa) potremo intendere ' le virtù
dell' am ire '. meglio che in* oertutz di !!, delie quali non sappiamo che virtù
possano essere.
V. 93-4. Fa riscontro a questa minaccia la cortese dichiarazione dell' usi-
gnuol Ila canzone provenzale moderna citata dalla raccolta dell' Irbaud :
Belo, quand sin en quanquo part,
Parie de vous, siou j linai las,
l'arie qne de vouestres louangis
Km • de i tre b n renoum.
') Cfr. P. Kioc. in. Ueber die Worltlelluny ili der fi-anzóiUchciì Prosalilera-
tur il i M/i Jh., Berlin, 1876, pag. 25; Il Meni-, Die WorUtellung im Attfrantòsi-
Rolandtliede, Strassburg, 1878, pag. 320-30.
- 78 -
\ |û2, chi sarà a « reclamar >, la donna o il pappagallo I Dobbiamo te-
nerci alla prima interpretazione, perchè reclam iK reclami) è confortato dal*
i autorità di du anoscrittl 'li gruppi diversi. Ma la donna supplica il mea-
$aggiero U), o in \ «>>-;• l'amante (R)l Credo preferibile la lezione ili J, secondo
la quale ella si raccomanda al pappagallo, perchè voglia eseguire il suo Inca-
rico, in nome del dio d' tmore. Il Galvani, cui forse tornava nuova la desi-
nenza -ì «li reclami, suggerì di leggere reclam leu.
\ ni agg, il dono dell'anello e del resto si trova soltanto In R; in le
guito (v. 136 sgg.) il pappagallo ne riparlerà con le stesse parole. Se il mn»
vederne traccia negli altri due manoscritti può far torgere il sospetto che si
tratti ili una interpolazione, tale sospetto deve svanire quando vediamo che il
pappagallo non ila notizia al suo Bignore della vittoria ottenuta, altrimenti che
con quel dono: onde esso appara indispensabile allo svolgimento posteriore del-
l' azione. Bensì occorrono qua «• là in H alcuni luoghi, dove il sospetto di In-
terpolazione non può venir del tutto rimosso: p. es. i vv. 120-1, dove si parla
di salutare, quando si deve invece portar I' annunzio di un convegno; anche
la dipendenza logica del secondo dal primo verso non -'accorda bene con la
situazione. Così i vv. 124-5) anch' essi particolari da K, dove il pappagallo spera
che cabans d'un an» la donna possa amai' di tutto cuore Antiphanor ; mentre
ha già ricevuto da lei le pili efficaci dichiarazioni con la promessa del subito
abbandono.
V. 127-8. Qui dev' essere nel testo una lacuna, prodotta forse da una svista
che abbia l'atto saltare il copista dal l* verso di una coppia rimante in -en al
secondo di un'altra coppia con la stessa rima, che seguiva a poca distanza. 11
de layns non può correttamente venir congiunto col verso ond' è preceduto;
d'altronde al verbo ac, come al verbo es véngutz viene a mancare il soggetto.
I due versi che GJ hanno in luogo dei vv. 126-29 di R risolvono semplicemente
e bene la questione : ma non possiamo, accettandoli, lasciar scomparire gli avan-
zi, anche scorretti, d' una lezione che dovette, per la sua maggior complicazione,
essere originaria. La correzione del v. Ì2~ proposta dallo Stengel {l. e, pag. 38
n.): ...partyo) [de] lor p. che farebbe il pappagallo soggetto di questo verbo,
non mi sembra accettabile.
V. 13 ì-3j. Particolari a GJ, questi tre versi debbono pure appartenere al-
l' originale. Leggendo con R
E comla-1 co s" es captengutz,
E pueis li dig ecc.,
- 7!) -
queir e pneis viene a trovarsi fuori posto, che non s'introduce con esso qual-
cosa di nuovo, ma si comincia dal pappagallo a unirai- particolarmente come
egli « s' es captengutz ». E pueis invece sta bene dopo la descrizione della donna
l'atta ad Aiitipnanor, segnando il passaggio al racconto particolareggiato della
missione.
v. 141. il Bariseli conservò nel Lesebuch la lezione evidentemente errata
del ms. : m'irai. Nella Chrest. corresse m'ami. La prima lezione l'indusse
a mutare nel Les. l' imperi", volia del v. 142 nel condiz. volria.
V. 151. Il la, respinto dal Bartsch nel Lesebuch, fu restituito nella Chrest.
v. 155. Bartsch : puescam.
V. 156. L'ovvia correzione del verso è dovuta al Bartsch.
V. 160. /'.v espatz lesse il Bartsch, premettendovi di suo un &g per dare
al verso il numero dovuto di sillabe, e interpretò 'loisir, Musze', si che il \.
intero verrebbe adire: 'potete entrar bene per vostro diletto'. L' Erdmanns-
dòrffer {l.cit., pag. 112) derivò qaeW espatz da spatii m che certo non ci ha
die fare. Nel senso datole dal Bartsch, corrispondente all' italiano 'spasso, spas-
sare', la voce non e registrata dal Baynouard , ne dai les-i,-i del Diez e ilei
Eòrting ; dovrebb' essere, in ogni modo, un espas. Ma intanto par che il ms.
dica esperai z {esgatz), sebbene il segno dell'abbreviatura non sia ben distinto ;
e allora sarà da intendere 'aspettato': 'potrete entrare aspettato, come aspet-
tato'. Sul valore che in lai modo assume il /<<v, corrispondente al tedesco 'als',
basta vedere il Raynouard, ed i suoi esempi di per col significato di 'comme,
de mème que, en qualità de'. Era dei resto un uso comunissimo; cfr. DÌez,
tir., so:;. Tuttavia solleva difficoltà la costruzione di per col nominativo, lì"
sterebbe allora un'ultima ipotesi: intendere /<<v collegato con domneyar , e
veder nell'estate qualche corruzione del testo.
v. 174. Leggendo rione per ii<> . il Bartsch restituì al verso la sua mi-
sura.
V. 180. Si... era: 1' imperfetto indicativo in funzione di imperfetto con-
giuntivo. Co-i nel domnejaire , v. i" : Neis si'm donava tz rumini (JG). Uso
frequente, ma, a sentire il Donai, ' contra gramatica': 'l'ero lo preteritz non
perfeiç dei couiuncliu e- semblans al preterii non perfeil dei indicatili a la ven-
gane, el es e, mira tramatici, si cum en aquest loc : S' eu te donava mil marcs
srrins in mon ir,,,! '' (E. StesqeL, />>r betden ûltesten prooenzalischeiì Grain-
matihen, Marburg, 1878, pag. IO
\'. 192 --'-'. Sono tre rime in -ni/: più che un' interi ■ola/ione , sospetterei
una lacuna.
- Hi) -
\ 200, Questa focile correzione del prosante corron In futuro fu vieta an-
i ne dal Bartach.
\ . •.•'.». \ nota al \
V.S31. Enpenrat scrive anche il Baruch Della Chrest.\ ma Del Lesebuch
divine, seguendo il ina., eri perirai, e annotò:'£ri bedeutel iure: hinweg, fort.
Gegen •. 1 1 * - Zuuammenziehung enpenral i-^t un -irli aichts einzuwenden; nur
u urde die li-, warscheinlich dann emperal geschrieben haben, wie -misi Immer,
wahrend aie hier Irennt: feri penray'. Ma alia divisione non -i può dei' peao:
ni quanto ad « per m innanzi a labiale, cfr, \. 198 enpres, v. 219 senblan.
\ 259. Pessatz de /".'/; v. su questa costruzione k. Kó'cher, Bettrag :a,,i
Gebrtmch der Fb'áp. 'de' <rw Provenzali- chen, Marburg, isss, p, 30-1.
\. 262. Lassemamen è del ois. : mania al verso una sillaba, onde ho pro-
posto eu : congettura più probabile ili quella dei Bartsch, che sostituì al sostan-
do un avverbio, e lesse assenadamen, 'assennatamente', voce registrata poi
dal Levj oel suo Sappi. Worterb. come unico esempio che so a' abbia, il Ray-
DOUard non ha clic asma/ (I 198). Ma intanto il prov. possiede il sostantivo
asermament iK.wn. v, 208) che, con gli altri significati, vale anche 'prepa-
rativo', od i verbi acesrna!r, asermar, assennar, col significato di 'preparare'
Rayn. id.). Il Levj registra ancora un asemar, che gli par sia da mettere ac-
canto ad acesmar, aseimar; i verbi moderni assetona, assema, assenna 'di-
sposer, préparer, apprêter' ecc. sono registrati dal Mistral (Lou Trèsor don
Fèlibrige; cfr. il fr. acemer , acemmer |<;odkfroy, sotto la voce acesmer].
A questa famiglia credo di poter ascrivere il nostro assemamen, conser-
vando intatta la lezione di R. Della più antica congettura del Bartsch nel
Lesebuch: tot vostr' essenhamen, non occorre più parlare, dopo che l'autore
medesimo 1' ha rinnegata.
V. -207. Come noi corresse il Bartsch nella Chrest , mentre nel Lesebuch
aveva messo innanzi al tan del ms. un ja.
V. 301-2. Sospetto che la corruzione del testo quale apparisce dalla rima
sia qui dovuta ad interpolazione; una lacuna è più diflicilmente ammissibile,
perché il senso corre perfettamente, Si noti il parallelismo delle frasi tan can
poiretz-tan can vìuretz, e come il senso di quest' ultima sia già espresso nella
prima metà del verso En est segle. Leggerei : Dr far que pros tan cani ria, -et:-.
11 Rayuouard traduce 'de faire que vous soyez preux'; ma il Galvani os-
serva -il siate non lo ritrovo, e il sottintenderlo mi par duro; t'osse quel che
uno di quelli assoluti che valgono quanto alcun die di ?' Né 1' uno né l'altro.
Far que pros vale 'agire da prode'.
- SI -
v. 305. Il Raynouard volli' Intendere corrteu coinè 'coursier'. Anche lo
Cbabaneac (ReoiM de languès romanes, IX 199) spiega un correus nella can-
aone per la crociata contro gli Albigesi (v. 1536) come 'coureurs, coursiers'.
CiV. I.evt, Suppl. Worterb. Lo Chabaneau aggiunge che questa voce, col solo
significato ili 'coureur*, esiste ancora in Languedoc courìou). Invece il <;al-
vani intese 'corriere, messo', ed anch'io credo questa interpretazione giusta:
altrimenti nella conclusione non verrebbe fatta parola del pappagallo.
Il Galvani poi vede a sua volta nella frase cotn filhs de rei il significato
di 'beatamente, tutto lieto'. Ma perchè, se Antifanor era veramente figlio di
re (v. 13)? Andrà inteso, semplicemente, così : 'A. torna veloce, accompagnato,
come fìllio di re, dal suo corriere.
V. 306. Ter Carcasses si ha anche la forma Carcassei; cfr. Mila v Fon-
rANALS, op. <-it.. pag. 181 (Bernart Sicari de Marvejols). Lo stesso accade in
altre voci: Francei, Valei Stimming B. de /.'., xxvn, 29; XVII, 44. Difficil-
mente si tratta ili influsso della lingua d' oil ; queste voci vanno considerate con
gli altri casi in cui il Provenzale perde talvolta -••>• finale; cfr. Schultz, op. cit.,
pag. 78.
V. 308. Anche qui le tre rime in ar provano che il testo è corrotto, forse
per la caduta di un verso '. Infatti tra il v. 306 e il v. 308 manca la dipenden-
za : a meno che non si voglia intendere che i prec fatti per mantas res fos-
sero anche per maritz castiar. Il v. caduto doveva riferirsi pur esso al line
della novella, o agli altri precxi
V. 311. Il Kayx. Lex. l!n,,i. IV i96 spiega : 'Qu'ils les laissent à lene pen-
sée allei--: il Bartscb non registra questo caso nel lessico. Intenderei piuttosto
'piedi', e tutta la frase in senso metaforico; Me lascino andar co' loro piedi,
in libertà'. Anche il curar va meglio in questo senso, il Baitsch nella Chrest.
corregge laissen, mentre nel Leseb. aveva conservata la lez. del m<.
Continuazione di J.
v. i. Qui, meglio ine col v. precedente, mi sembra chiuso il discorso ilei
pappagallo. Diversamente intese lo Stengel , il quale congiunse invece questo
verso coi racconto che segue.
v. ti. È ripetuto, con leggiera modificazione, il v. ::s della novella, die
nella relazione .! Buona Ni es dengutz ,-,i est vergter\ cosi il \. 15 riproduce
quasi esattamente il \. 37 della novella . ed il v. 55 di questa è ricordalo dal
\ . 16 delia continuazione.
il
- 82 -
\ Ifl i irregolarità della il Ione in parlter , che per trovarsi in rima
non dà luogo a corrosione, m'Induce a mantener lo ite irroro nel \. is -v/.
\ :.' Lo8tengel corregge Quem servati e fin e total. Mutato coaì il ver^
lui, occorrerebbe mutare anche il pronome, che cosi non ha significato. Ma
l'intera congettura può venir risparmiata, leggendo Bemplicemente Que me.
\ vi. />v pos per betta « 1 * - 1 ms. corresse lo Stengel.
V. 37, Jn aggiunse lo Stengel .1 e pietà r la misura « I < - 1 verso.
V. IO. Sull'uso delle due preposizioni per-a, separate da altra parola in-
nanai ad un infinito, cfr. Diez, <•'/■., p. 041.
\ iv. Tan por atta/» del ras. lesse lo Stengel; rosi al v. 13 e al v. i6.
\ 51 Metricamente l'aggiunta ili a fatta dallo Stengel non è necessaria,
uve m consideri eomiai come trisillabo. Ma la lezione a pres è preferibile, ve-
nendosi a stabilire coiiu' un parallelo sintattico con il verbo della seguente pro-
posizione coordinata : et d'itti pregai.
V, 60. Don man ha il ms.,e la le/ione fu riprodotta dallo Stengel, il quale
[poi lesse nel verso seguente non m"t oblldes. il scuso non risulta chiaro, e
mi sembra probabile in questo luogo una corruzione del lesto.
V. 64. Vos nella stampa dello Stengel, per evidente errore.
L 0 1,1 a ej a i re.
V. 1. La diversa lezione ili J si spiega col Tatto che avendo aggiunto due
parole (Et-vos) in principio del verso, è stato necessario troncarlo; e questo ha
portata con sé 1' alterazione del verso seguente.
V. 4. Dopo questo verso, lo Stengel ha supposta una lacuna, senza ragione
apparente. Il confronto di 3 con gli altri codici mostra che lacuna non v' è.
Manca invece, in seguito, il v. 10, che in .1 è stato scambiato e fuso col v. S.
Pel medesimo v. -1 clic in J è Et serai tostems hobedien lo Stengel ebbe
a proporre la correzione 1)' rsxer t. 0. ; della quale non si avrà più bisogno
dopo aver viste le altre lezione
V. 12. Desfarai suggerì , e bene, lo Stengel per rendere al verso la sua
misura : ma anche qui il confronto ci là restituire la lezione che ho adottata.
V. 30. Lo stesso va detto per la congettura ci, che ora siamo in grado di
sostituire col pronome.
V. 35. Dato il Lucx di •' , lo Stengel dovè sanare il verso restituendo il
jato : lo e-: jato che tolgono di mezzo i due Luca degli altri mss. Così leggendo
covinen al v. 17 non occorre più il jato que a suggerito dalla necessità di com-
pletare il verso tronco per la sostituzione di coven.
HWtlMVU LIST
MAY 15
m a) <x
035
vo era
u a>
a.
0)
j ri
W > <D
<u o a.
W h o
Ul E.J'
a) I 1
O « •>-s|
^ >-! >
a) w
>
o o
C rH
O
X)
rJ - I
3 ►J a.
■d
S3
University of Toronto
Library
DONOT
REMOVE
THE
CARD
FROM
THIS
POCKET
Acme Library Card Pocket
LOWE-MARTIN CO. limited
I